Per Giuseppe Conte è urgente procedere a una verifica di maggioranza in modo da poter arrivare nei primi giorni di gennaio a convocare un Cdm per varare il Recovery plan da trasmettere poi al Parlamento e alle forze sociali e poter arrivare a un testo definitivo a febbraio. Durante la conferenza stampa di fine anno, il premier ha anche detto di ritenere inammissibili gli ultimatum in politica. Un chiaro riferimento alle ultime dichiarazioni via Twitter di Renzi contraddistinte dall’hashtag #ciao e alla possibilità che le ministre Bellanova e Bonetti lascino il Governo insieme a tutta Italia Viva. “Siamo ancora in una fase magmatica, in cui le truppe in campo misurano la forza dell’avversario e si preparano allo scontro finale, alla resa dei conti. Se, come sembra, Renzi fa sul serio e andrà fino in fondo entreremo in una fase completamente nuova e nel caso vedremo anche come sarà gestita dal presidente della Repubblica”, ci dice l’editorialista del Sole 24 Ore Guido Gentili.
Come vede la situazione dei due contendenti, Renzi e Conte?
Al di là delle dichiarazioni ufficiali, sotto traccia prosegue un confronto violento e pesante da ambo le parti. Anche la notizia emersa nei giorni scorsi circa la ridisegnazione dei collegi elettorali è certamente un atto dovuto, ma può servire a far ricordare al leader di Italia Viva il rischio del ritorno anticipato alle urne. C’è poi la battaglia sulla delega ai servizi segreti, di cui, a parte il tema istituzionale posto, bisognerebbe chiedersi la vera ragione. Credo che la sfida tra i due contendenti non possa essere facilmente risolta con un rimpasto come poteva forse esserlo ancora tre mesi fa. Anche perché martedì c’è stato un fatto che ha reso la verifica molto più seria di prima.
Cos’è successo?
Su Repubblica è stata pubblicata un’intervista a Gentiloni nella quale sono stati prospettati seri rischi per l’Italia riguardo la partita del Recovery plan, in particolare la possibilità di perdere le risorse se verrà presentato un piano che non risponde alla richieste dell’Europa, che sono molto chiare. Gentiloni è un politico prudente e la sua intervista è stata secondo me molto dura. Mi pare che il Partito democratico abbia sposato subito la posizione del Commissario europeo che chiede di rivedere totalmente la strategia sul Recovery plan, a partire dal fatto che sono previsti troppi bonus, troppi incentivi. Cosa che va a sbattere decisamente contro il muro dei 5 Stelle.
Che nel dibattito parlamentare sulla Legge di bilancio hanno chiesto di prorogare il superbonus al 110% fino al 2023 utilizzando proprio le risorse del Recovery fund.
Esattamente. Gentiloni ha invece evidenziato che non si possono utilizzare queste risorse per finanziare solamente bonus e incentivi. E poi ha citato – e questo è importante perché è un politico prudente, quindi se l’ha fatto, l’ha fatto a ragion veduta – Draghi. Come dimostra l’intervista di ieri sempre su Repubblica a Gualtieri, che ha detto “l’intervista di Gentiloni non l’ho solo apprezzata, è da sottoscrivere”, il Pd si è allineato totalmente sulla posizione di Gentiloni e Conte non può non tenerne conto. Certo i dem non vogliono schiacciarsi sulla posizione di Renzi e fanno anche polemica con lui, ma il premier ha un saldo alleato in meno.
Quindi quella di Gentiloni non era soltanto la voce del commissario europeo agli Affari economici, ma anche quella di un importante esponente del Pd rivolta al suo partito…
Certamente. Gentiloni, oltre a essere stato presidente del Consiglio, fa parte della storia del Pd, è stato anche ministro del Governo Prodi 2. Di fatto ha costretto il partito di Zingaretti a scegliere e il Pd si è totalmente allineato.
Tanto che l’intervista a Gualteri è per certi versi anche una sorta di sconfessione del suo stesso operato e l’ammissione delle difficoltà del Governo.
Non si può non notare un cambiamento di posizione di Gualtieri, che fino a poco tempo fa aveva sempre difeso a spada tratta la posizione del Governo e nel rapporto con Conte era considerato uno dei suoi più solidi alleati. Adesso in parte contesta anche se stesso.
Questo allineamento del Pd alla posizione di Gentiloni ha una peso importante nella resa dei conti tra Conte e Renzi: non è uno scontro impari tra Italia Viva, da una parte, e tutti gli altri partiti, dall’altra…
Mentre nei mesi scorsi, quando Renzi aveva fatto dichiarazioni critiche, distoniche rispetto alla maggioranza, il Pd le aveva liquidate come mosse solo di Italia Viva o con un’alzata di spalle, continuando a garantire il sostegno a questo Governo, stavolta ha scelto una posizione critica e lo ha fatto con chiarezza. Che questo poi significhi automaticamente che i dem mettano in crisi il Governo francamente è difficile dirlo, ma non c’è dubbio che la loro posizione sia cambiata sulla spinta di una presa di posizione dell’Europa molto severa tramite le parole di Gentiloni.
Gentiloni ha solamente nominato Draghi in una lunga e articolata intervista. Perché questo riferimento è così importante?
Gentiloni ha una storia politica fatta di prudenza, non è un uomo che improvvisa delle posizioni politiche. Se ha citato Draghi lo ha fatto a ragion veduta, sapendo benissimo che affermare che Draghi ha detto la cosa giusta in questa fase, in questo momento con l’attenzione che c’è intorno al Governo in Italia, ha un peso notevole, soprattutto considerando il fatto che l’ex Presidente della Bce compare e ricompare da mesi come possibile nuovo Premier, in contrapposizione ovviamente con quello che è l’assetto e l’equilibrio dell’attuale esecutivo.
Non si tratta di un assist all’ipotesi di un Governo Draghi?
Francamente non credo. Ritengo che Gentiloni abbia citato l’ex presidente della Bce perché rappresenta una posizione, anche dal punto di vista internazionale, e quindi anche dell’Europa, autorevole incentrata su un’azione riformatrice e di utilizzo delle risorse pubbliche che non è quella che abbiamo sotto gli occhi in Italia oggi, tutta bonus e incentivi.
Conte è quindi in una situazione di forte difficoltà. Come ne può uscire?
Proverà a mediare ancora una volta, anche venendo incontro alle esigenze di Renzi, magari ipotizzando un rimpasto ampio, cercando di mettere insieme i cocci di questa maggioranza. È una strategia che però mostra ormai la corda. Renzi ha alzato il velo, ma il Pd porterà in ogni caso Conte a un momento in cui dovrà fare scelte difficili. Per esempio, sul Mes, soprattutto visto quello che sta accadendo con la campagna vaccinale: sarà complicato per il premier dire che non useremo quei soldi.
Conte può rimettere insieme i cocci in così poco tempo, visto che ha parlato di Cdm nei primi giorni di gennaio?
Conte dovrà dare delle risposte anche al Pd, non solo a Renzi sul Recovery plan, dovrà andare in Parlamento, dovrà dare delle indicazioni precise sul piano vaccini, sul Mes. Intorno al 10 gennaio questo nodo deve essere sciolto, non c’è più margine. Magari riuscirà a risolvere tutto con un colpo d’ala, un rimpasto che dia vita a un Conte-3. Io lo ritengo improbabile, ma non si può mai dire. Del resto abbiamo visto di tutto.
Il Conte-2 in quanto tale è però arrivato al capolinea?
Sì. Con questa formula, con questa strategia dietro, con queste prospettive che ha messo in campo. Bisogna quindi rivedere tutto: la formula, le prospettive, la strategia sul Recovery plan. Senza dimenticare che c’è anche l’incognita Covid a complicare il quadro, visti i numeri che si stanno registrando in queste ore in Germania. E poi si è parlato di riapertura delle scuole il 7 gennaio, ma mi sembra un annuncio scritto sulla sabbia.
Si sta parlando anche dell’ipotesi che nel caso di uscita di Italia Viva dalla maggioranza possa essere un gruppo di “responsabili” a sostenere Conte. Cosa ne pensa?
Devo dire che data la situazione che c’è, data la posta in gioco, cioè i famosi 209 miliardi da spendere, una coalizione che si reggesse sul voto della pattuglia dei responsabili non potrebbe essere adeguata alla sfida che avrebbe di fronte. Rappresenterebbe una strategia dal fiato cortissimo.
Dunque il 2021 ci porterà o un Conte-3 frutto di un rimpasto, ma sempre con Italia Viva, oppure alla nascita di un Governo del Presidente di cui ci aveva già parlato.
Ripeto, a me sembra improbabile un nuovo Governo Conte. Se l’attuale esecutivo salterà, la parola tornerà al Parlamento per vedere si ci sono altre maggioranze possibili e al presidente della Repubblica per valutare il da farsi. Prima di tutto però occorre però attendere l’esito della resa dei conti di cui abbiamo parlato all’inizio.
(Lorenzo Torrisi)