Le grandi manovre post elettorali sono già partite ed hanno coinvolto direttamente gli ex amanti del Pd e del M5s. Il rapporto di sintonia che la sinistra del Pd ha da sempre avuto con Conte apre ad uno scenario di possibile nuovo dialogo basato sull’ostracismo a Letta. Enrico ha impostato la campagna elettorale sul tema della responsabilità e della continuità del governo puntando sull’affossamento di Conte come Draghicida.
Lo sdegno per la mancata fiducia al Governo gli ha dato forza morale anche nei confronti della sinistra dialogante con i grillini. Ai compagni di partito ha detto chiaramente che erano stati degli illusi a pensare che Conte era affidabile e che andava buttato fuori dal consesso della coalizione elettorale per avere benefici e chiudere la parentesi della amorosa corrispondenza con l’ex avvocato con la pochette.
Sennonché queste settimane hanno dimostrato la resilienza dell’elettorato grillino, affamato di sussidi, e la stabilità del blocco elettorale del Pd, incapace di attrarre altri voti se non quelli che già ha. Ne viene fuori che l’unico modo per essere politicamente affini, il Pd o una sua parte ed i grillini, è ostracizzare chi ha escluso a sua volta Conte dalla coalizione. Le cariche sono pronte ad esplodere, sia se il risultato sarà accettabile sia se sarà disastroso per il Pd.
Nel primo caso potrebbe a breve rinascere un’ala sinistra populisteggiante intenzionata a riprovare la strada del dialogo con i grillini, con l’intimo desiderio di appollaiarsi sui loro voti, facendo strage dei futuri inesperti eletti contiani. A nessuno dei professionisti è sfuggito che Conte è riuscito a prendersi un partito senza neppure un congresso (il sogno di ogni dirigente) e che la sua forza in alcune aree del Paese resta utilissima per garantirsi un futuro elettorale a buon mercato. Sarebbe una scissione controllata se le esigenze del Paese imponessero un governissimo a cui dare appoggio. Pochi deputati, per ora, fuori per tenere coperta la strada del dialogo con i 5 Stelle che in un governissimo non starebbero mai. Se le cose andassero male, molto male, con un Pd sotto la soglia del 20%, allora l’idea stessa del Pd (come partito moderato di sinistra) inizierebbe a vacillare lanciando un liberi tutti stile Lega post-Bossi.
Per evitare questo possibile disastro il passaggio è obbligato. Letta, concluso il compito, planerebbe su lidi esteri mantenendo una buona pattuglia di amici in parlamento, la sinistra (per non essere costretta alla guerra definitiva) dovrebbe trovare una segreteria nuova che sappia rilanciare il partito e far apparire Conte quello che Conte è: un signore per bene che gioca alla rivoluzione parolaia. In entrambi i casi una deflagrazione. Come evitarla?
Ecco che viene fuori l’idea di tenere tutti assieme (Letta e la sinistra) partendo da una mancanza. Non sfugge a nessuno che il Pd non ha mai avuto una donna leader e segretario, a differenza dei vituperati Fratelli d’Italia, e potrebbe essere arrivata l’ora di mettere una giovane, neoeletta deputato (a breve), a guidare il partito dei progressisti. Una presenza femminile che servirebbe a rinverdire l’immagine del Pd e che potrebbe, per la sua stessa novità, rompere lo schema di chi vuole riabbracciarsi con Conte facendo fuori Letta.
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