La resistenza agli antibiotici in Italia continua a rimanere piuttosto elevata, anche se in alcune combinazioni tra microrganismo e antibiotico si registrano delle positive diminuzioni. Sono i risultati presentati dall’Istituto Superiore di Sanità nel corso del convegno tematico che si è tenuto oggi nella sede principale dell’organizzazione, frutto di un’osservazione da parte delle varie sorveglianze che l’Istituto gestisce o coordina.
“La raccolta di dati“, ha spiegato il Commissario Straordinario dell’Iss Rocco Bellantone parlando della sorveglianza per la resistenza agli antibiotici, “è il primo passo indispensabile per la risoluzione di qualunque problema medico“, mentre il convegno organizzato dall’Istituto rappresenta “un’occasione per aumentare la consapevolezza del problema tra gli operatori sanitari e continuare a fare rete“. Secondo Anna Teresa Palamara, direttrice del dipartimento di Malattie Infettive dell’Iss, “il tema della resistenza agli antibiotici va affrontato nella sua complessità ed è per questo che abbiamo voluto mettere a punto interventi efficaci in una prospettiva ‘One Healt’ che è la base solida su cui si fonda l’innovazione e il progresso tecnologico in campo diagnostico, preventivo e terapeutico“.
L’andamento della resistenza agli antibiotici in Italia
Dai dati raccolti dall’Iss sulla resistenza agli antibiotici emerge come nel 2022 le percentuali di resistenza agli 8 principali patogeni osservati si mantengono in generale alte. Emblematico il caso di Enterococcus faecium, che resiste alla vancomicina, la cui resistenza è aumentata al 30,7% nel 2022, rispetto all’11,1% del 2015. Vi sono, tuttavia, anche dei casi opposti, come la coppia Klebsiella pneumoniae/carbapenemi, che è diminuita al 24,9% rispetto al 33,2% del 2015.
Analoghi ai dati sulla resistenza agli antibiotici sono anche quelli, sempre presentati dall’Iss, sulle infezioni correlate all’assistenza negli ospedali (ICA), la cui media è aumentata all’8,8% rispetto all’8,1% del 2017. Su 6.340 ICA registrate, la maggior parte erano del tratto respiratorio (19,18%), seguite da infezioni del sangue (18,83%), infezioni delle vie urinarie (17,09%), COVID-19 (16,23%) e infezioni del sito chirurgico (10,53%). Le ICA, emerge, corrono soprattutto negli ospedali con più di 500 posti letto, mentre a livello d’età colpiscono maggiormente gli adulti sopra i 65 anni.
Le ICA nei reparti di terapia intensiva
Le infezioni correlate e la resistenza agli antibiotici sono state sorvegliate anche dal punto di vista della loro frequenza nei reparti di antibiotici. Rispetto allo scorso anno, in entrambi i casi si registra una positiva diminuzione, rispettivamente a 29,3 infezioni correlate ogni 100 pazienti (30,6 nel 2021) e al 18,8% (rispetto al 24,5% di picco del 2020/21). Diminuisce, analogamente, la mortalità nei reparti, che ora è del 26,8% rispetto al 42,3% del 2020/21. Sempre dal punto di vista della resistenza agli antibiotici, le maggiori ICA hanno riguardato i patogeni A. baumannii (incidenza di 5,4 casi ogni 100 pazienti) e K. pneumoniae (5,1 ogni 100 pazienti).
Lo stato dell’arte della prevenzione alla resistenza agli antibiotici
Positivamente dal punto di vista della resistenza agli antibiotici si registra anche una maggiore attenzione da parte degli ospedali, che nell’80% dichiarano di aver adottato misure per diminuire l’uso di antibiotici. Similmente, il 75% delle strutture ha adottato sistemi di sorveglianza attiva, mentre solo il 25% degli Enti ha raggiunto gli standard sull’adozione di misure per il coinvolgimento e la formazione di cittadini e pazienti. Analogamente, è diminuito anche l’uso di soluzione igienizzante negli ospedali, considerati tra le misure più in importanti e comodo per ridurre l’incidenza della resistenza agli antibiotici e delle ICA, che a fronte di uno standard fissato a 20 litri ogni 1.000 giornate di degenza, ha raggiunto appena i 15,63 litri (20,66 nel 2021 e 24,47 nel 2020).