Il reso gratuito degli ecommerce potrebbe essere un lontano e vecchio ricordo. Sempre più siti web stanno adottando delle nuove politiche sulla restituzione dei prodotti “non graditi” dal consumatore finale, chiedendogli di pagare i costi di spedizione o in alcuni casi, una piccola somma per “il disturbo”.
Una condizione a cui i consumatori non ci stanno, specialmente i “furbetti” che fino ad oggi hanno approfittato dei resi gratuiti sui siti di commercio online, dove acquistavano quei prodotti “usa e getta” o semplicemente per fare delle “prove“, allo scopo di restituirli in un secondo momento (e non perché erano realmente difformi o non graditi).
Reso gratuito ecommerce: una politica sempre più da “dimenticare”
Il reso gratuito sugli ecommerce potrebbe sparire ben presto. Se così fosse, i vantaggi dello shopping online potrebbero ridursi e per qualcuno anche “azzerarsi”. Sicuramente potrebbe essere una ipotesi estremista, che pensata dai consumatori furbetti di cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente.
Anche se in Italia è una novità, all’estero è una pratica già molto diffusa e comune da diverso tempo. Una delle soluzioni poco trattate, potrebbe l’opzione di Zalando, che permette all’utente di poter fare il proprio ordine e poter pagare in un secondo momento, soltanto gli articoli ritenuti validi.
Un’agevolazione in termini amministrativi ma anche gestionali, dato che il consumatore finale potrebbe assumere più consapevolezza e un atteggiamento più responsabile nei confronti dei negozi online. Il settore più incriminato è quello fashion, così come stimato dai dati emersi dall’azienda Yocabè (che supporta le imprese digitali a vendere nei marketplace).
Nonostante in Italia possano arrivare sempre più aziende che aboliranno il reso gratuito dai loro e-commerce, dall’analisi di Yocabè, il nostro Bel Paese mantiene il podio dove il fenomeno è il più basso di tutta l’Europa, soltanto il 16% dei prodotti restituiti a fronte di altri dove, in Svizzera i resi del settore fascion vanno oltre il 45%, in Germania superano il 44% e in Francia il 24%.