Per diverso tempo i genitori di una bambina nata morta hanno pianto la figlia nel cimitero di Pozzuoli sotto la croce numero 57, in realtà lì era stato seppellito un altro bambino nato morto. Un errore commesso dagli operatori del cimitero per il quale nessuno ora deve pagare. Alla famiglia, infatti, non è dovuto alcun risarcimento perché il culto dei defunti può essere onorato con preghiere e ricordi a prescindere da chi è effettivamente seppellito sotto terra. Non siamo noi a dirlo, ma la sentenza dell’ottava sezione civile della Corte di Appello di Napoli. Come evidenziato da Il Tempo, è stata respinta la causa intentata dai due genitori della piccola nata prematura il 14 luglio 2003 e morta poche ore dopo il parto. I genitori erano convinti di recarsi da lei quando andavano al cimitero a portarle i fuori freschi, poi hanno notato altri fiori e hanno conosciuto un’altra mamma che sosteneva che lì fosse stata seppellita sua figlia. Così è stata aperta una inchiesta penale da cui è emerso che alla croce n. 57 era stato sepolto un altro bambino, non c’erano più i resti della figlia dei coniugi.



Non è chiaramente solo una questione di tomba su cui piangere un figlio, perché le spoglie della piccola sono sparite. «È allucinante», il commento dell’avvocato Angelo Pisani, che annuncia ricorso in Cassazione e alla Corte europea dei diritti dell’uomo. «Scriveremo anche a Papa Francesco», annuncia il legale.



“RESTI FETO SCOMPARSI? SI DISTRUGGE RAPIDAMENTE…”

L’inchiesta avviata dalla pm Gloria Sanseverino ha accertato che «tale incresciosa situazione era senza dubbio conseguenza diretta e immediata di un errore esclusivo del personale addetto ai servizi del Cimitero di Pozzuoli». Si parla così di «negligenza, omissioni e gravi superficialità organizzative». Sono passati 18 anni da questa scoperta nei quali hanno chiesto un risarcimento al cimitero di Pozzuoli che è stato negato sia in primo grado che ora in appello. La motivazione dell’ultima sentenza però lascia senza parole, perché si sostiene che il sentimento di pietà per i defunti non è «fra i diritti costituzionalmente tutelati e inviolabili», ma va inteso come diritto soggettivo ad esercitare il culto dei propri morti, che «non è di necessità automaticamente leso in vicende come quella in esame». I genitori possono continuare a pregare, ricordare, commemorare la figlia a prescindere dal luogo in cui è sepolta. «Detti sentimenti non di necessità debbono mutare sol perché non vi è l’assoluta certezza che nella fossa contrassegnata dal n. 57 o in area cimiteriale vicina a quella fossa vi siano i resti del feto, comunque destinato a rapidissima distruzione per consunzione», scrive la Corte d’Appello di Napoli. Così respinge la richiesta di risarcimento e condanna pure i due coniugi a pagare al Comune di Pozzuoli le spese legali per 9.515 euro, oltre al 15% per rimborso spese forfettarie, quindi poco meno di 11mila euro in tutto.

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