Dopo mesi di rumours, intensificatisi nelle ultime settimane, giovedì il mistero dell’Economia e delle Finanze ha pubblicato un comunicato per annunciare la firma di un accordo, un “memorandum of understanding”, con KKR sulla rete TIM: “L’accordo prevede la formulazione di un’offerta vincolante che stabilisce, tra l’altro, l’ingresso del Mef nella Netco nella percentuale fino al 20%. I termini dell’offerta dal punto di vista dei rapporti tra le parti prevedono un ruolo decisivo del Governo nella definizione delle scelte strategiche.”
Ieri l’agenzia di stampa francese Afp ha fatto sapere, citando fonti vicine a Vivendi, che il gruppo francese, principale azionista di Telecom Italia con una quota del 23,75%, giudica “una notizia positiva” l’accordo siglato tra il ministero dell’Economia e delle Finanze e il fondo americano. Vivendi ha aggiunto che per arrivare a una soluzione concreta e realizzabile è però necessario l’avvio di un dialogo serio.
Si comprende perché il mercato abbia festeggiato la notizia con un rialzo di oltre il 10% in tre sedute. Non è pensabile in nessun Paese al mondo che qualcuno possa impossessarsi della rete telecom nazionale senza l’accordo della “politica” e del Governo. Vagheggiare di “soluzioni di mercato” in alcuni settori strategici è un esercizio che dura fino a che le cose non diventano serie. Nel caso specifico le “soluzioni di mercato” che per anni si sono cercate con diverse combinazioni di valori, strutture societarie e azionisti sono nei fatti rimaste speculazioni perché la “politica” italiana non era mai arrivata a formulare una scelta definitiva. Nessuno può indebitarsi per decine di miliardi di euro per comprare un asset che è, a ogni latitudine, assolutamente strategico e su cui il Governo ha ampissimi poteri e strumenti di controllo o di influenza. Pensiamo a quanto successo con l’esercizio del “golden power” su Pirelli qualche settimana fa; una società industriale di prima fascia ma infinitamente meno strategica della rete nazionale italiana con i suoi cavi in mezzo al Mediterraneo.
Il Governo italiano si riserva “un ruolo decisivo nella definizione delle scelte strategiche”; questo ruolo può avere conseguenze concrete sulla gestione della rete dopo la firma di accordi dettagliati in cui si “mette nero su bianco” come venga esercitato soprattutto se dovessero emergere disaccordi tra gli azionisti. Significa decidere come viene nominato l’Amministratore delegato, quali poteri ha o, per esempio, se ci sono diritti di veto e a che condizioni. In ogni caso, come è inevitabile visti i pesi dell’azionariato, la governance “naturale” metterebbe al centro l’azionista di maggioranza che in questo caso è il “fondo americano” KKR con una maggioranza assoluta che dovrebbe attestarsi al 65%.
È positivo che il passaporto del principale azionista sia quello americano; questo, sicuramente in Italia, consente di soprassedere a una serie di perplessità che altrimenti sarebbero state sollevate in presenza di un azionista straniero con una quota così alta di un asset strategico e sensibile, tanto più nell’attuale scenario geopolitico.
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