Una retina artificiale che permette alle persone affette da maculopatia degenerativa, una malattia legata all’età che colpisce un milione di persone in Italia: è questa la sperimentazione partita all’Università di Tor Vergata per restituire la vista a chi l’ha persa a causa della patologia. I pazienti italiani partecipanti alla sperimentazione sono cinque. La retina, dal nome «Prima», è stata già provata con successo su altri 17 soggetti fra Usa, Francia e Germania.
“È uno studio multicentrico di importanza straordinaria” ha spiegato Andrea Cusumano, docente di oftalmologia e ricercatore all’Università di Tor Vergata. Proprio qui, nel nosocomio della Capitale, i microchip verranno impiantati nei pazienti. Si tratta di operazioni effettuate nell’ambito di un Consorzio col presidio Britannico presso l’Azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata di Roma.
Retina artificiale, come funziona
Al progetto «PRIMAvera» stanno partecipando 38 pazienti europei affetti da degenerazione della macula, la parte centrale della retina. Si tratta di una patologia che sopraggiunge con l’avanzare dell’età. “La prospettiva per loro, praticamente ciechi e non autonomi, è il recupero di una certa visione centrale e di un bene prezioso, l’indipendenza” spiega Cusumano. La maculopatia da correggere è quella definita «geografica», come spiegano i ricercatori. Infatti, con tale malattia, si percepisce “la periferia” di un’immagine. Risulta quindi impossibile anche leggere.
La protesi, inserita chirurgicamente dietro la retina, restituirà una visione parziale ai pazienti. Cusumano, docente di oftalmologia e ricercatore all’Università di Tor Vergata, spiega: “Rivedere lettere e numeri, leggere brevi frasi è tantissimo per chi vive al buio quasi completo e si era ormai rassegnato all’assenza di cure”.