Le considerazioni sul destino di questo Governo sono ormai sempre più legate all’evoluzione economica come giustamente è stato notato ieri su queste colonne. A questo riguardo vorremmo aggiungere qualche considerazione. La premessa è che la crisi che si sta sviluppando e che arriverà non è ancora percepita in tutta la sua gravità nel pubblico. Ieri il ministro dello Sviluppo economico ci avvisava che “l’Italia ha perso 200 miliardi di valore della produzione”. Le stime sull’andamento del Pil e del deficit italiano che ogni giorno vengono aggiornate significano che molte persone “verranno lasciate” indietro e che molti perderanno il posto di lavoro nonostante le promesse che tutti sanno impossibili da mantenere dato che i sostegni a fondo perduto alle imprese sono di molto inferiori, in percentuale del Pil, a quelli messi in campo da Germania e Francia.
La divaricazione tra la realtà economica che arriverà e la percezione che ne ha il pubblico ha secondo noi una conseguenza. È molto difficile che uno dei salvatori della patria, con il proprio preziosissimo contributo di competenze e relazioni internazionali ed economiche, di cui si è scritto, possa arrivare in questa fase; il rischio concretissimo è quello, tra qualche mese, di vedersi attribuite le conseguenze della cattiva gestione della pandemia e poi dei grandi ritardi e dell’esiguità dei piani di rilancio. Ha molto più senso aspettare che la cattiva politica di queste settimane presenti il conto in tutti i suoi effetti e in tutta la sua evidenza e che sia chiaro a tutti che i cocci sul pavimento sono il risultato dell’azione maldestra, se non incapace, di chi c’era prima.
Sappiamo che il Recovery fund è legato all’impegno degli Stati membri a “politiche economiche solide” e “riforme ambiziose”. Significa, data la dimensione della crisi, che a un certo punto al Governo italiano sarà chiesto di fare quelle riforme e riportare le finanze statali dentro i binari chiesti dall’Unione. Sappiamo anche che i fondi europei non sono sufficienti per salvare l’economia italiana per due motivi: il primo, banalmente, dimensionale; il secondo è per i ritardi che hanno enormi conseguenze sull’esito finale. Aggiungete che le forze di Governo sono ideologicamente contro una sburocratizzazione vera che sarebbe subito dipinta come un far west per i “disonesti” inclusi ovviamente liberi professionisti e imprenditori; forse anche loro “liberisti da divano”. È la storia di un Paese che ha tempi di aggiudicazioni delle gare due, tre, persino quattro volte più lunghi che nel resto d’Europa per il pregiudizio, negativo, nei confronti dell’impresa e per l’opposizione ai controlli ex-post. Citiamo questo punto perché questi sarebbero interventi a costo zero.
Torniamo allora ai fondi europei. Al Governo italiano a un certo punto verrà chiesto il rientro e le riforme. Verrà chiesto esattamente quello che è stato chiesto in Grecia. Meno il Governo ha standing internazionale e credito politico autonomo, meno ha capacità di fare riforme giuste a costo zero o di avere una politica estera autonoma, minore sarà la sua capacità di ottenere una mediazione al rialzo. Esiste quindi la concreta possibilità che il Governo attuale sia il Governo “Tsipras”, cioè un esecutivo che si incarica di far passare le riforme decise da altri per interessi che ovviamente non possono essere i nostri.
È un’operazione politica che consente, in quanto gestori del commissariamento, di arrivare a fine legislatura e di lucrare sulle infinite sacche di rendita che nel frattempo si possono accumulare. È il costo, assolutamente gestibile e ininfluente nel quadro generale, che l'”Europa” è ben disposta a pagare.
È un’operazione che può interessare a chi non ha nulla da perdere o perché ha già perso tutto il credito politico, come M5s, o perché partiva, politicamente, dal niente. Non si comprende che interesse abbia invece un partito di lunga tradizione e che si presume desideroso di “futuro”. Nel caso attuale ci sembra che sia il Pd il soggetto politicamente perdente di un Governo “Tsipras” che dovrà spiegare agli italiani che non ci possiamo permettere pensioni, sanità e forse stipendi pubblici del passato oppure tutelarli falcidiando però imprese e lavoratori privati o autonomi per una coperta che diventa cortissima.
È possibile che il cinismo e la spregiudicatezza che osserviamo non si fermino nemmeno davanti al disastro economico. Un Governo di unità nazionale può arrivare solo con un atto di grandissima responsabilità di chi si rende conto di quello che sta per arrivare e di quello che occorre per gestirlo. Gli altri, in sostanza, possono solo aspirare al ruolo di esecutori di “austerità” senza un minimo di capacità di trattativa o di autonomia. Solo un pazzo può pensare che tedeschi, olandesi e austriaci siano disposti a dare credito “autonomo” a un Governo di quarte linee come tutti possono realizzare confrontando i nomi dei ministri degli Esteri o dell’Economia degli ultimi cinque governi, di destra, di sinistra o di centro. Per il resto contate i giorni che sono passati dal decreto “aprile” e da quello “rilancio” a oggi e chiedetevi che “spago” l’Europa possa mai dare a questo esecutivo.