Innestare il lodo Conte bis nel più ampio disegno di legge di riforma del processo penale ha l’effetto di prolungare a oltranza l’operatività della riforma Bonafede, che invece si intende correggere. La verità è che il lodo Conte bis non appare la soluzione più convincente per correggerla e si presta a serie obiezioni. Prevede l’interruzione dei termini della prescrizione in caso di condanna in primo grado (con possibilità di recupero del tempo trascorso se interviene l’assoluzione in Appello), mentre la prescrizione continuerà a correre nell’eventualità di assoluzione (anche se sono previste sospensioni per consentire l’impugnazione del pm). Una soluzione tra il barocco e l’incostituzionale.
Le critiche rivolte alla legge Bonafede e al lodo Conte bis non erano infondate. Si tratta di questioni serie cui sarebbe opportuno dare soluzioni diverse.
La questione della prescrizione ha messo in evidenza l’incompatibilità fra Italia viva e M5s. Forse sarebbe il caso di una riflessione autocritica da parte di Matteo Renzi, che volle fortissimamente ad agosto 2019 la formazione di un governo sulla base di un accordo tra Pd e grillini: un governo senza maggioranza nel Paese, destinato a logorarsi sempre di più, a perdere contatti e relazioni con i mondi produttivi del Nord e con le ansie e le inquietudini del Sud.
Le conseguenze di quell’errore di agosto non riguardano solo le misure relative alla delicata questione della giustizia. È sull’economia che emerge la debolezza del governo. Nelle stime di crescita per il 2020 e 2021 l’Italia occupa l’ultimo posto dietro Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda. Per l’Italia la Commissione europea prevede una crescita prossima a zero. Le cose su questo terreno sono addirittura peggiorate rispetto al precedente esecutivo, visto che per il quarto trimestre del 2019 l’Istat prevede una contrazione del Pil (–0,3%).
La verità è che con il movimento grillino è difficile orientare il governo del Paese verso politiche in grado di avviare una ripresa dell’economia affrontando i veri nodi: dal debito alla pressione fiscale, dalla produttività all’occupazione. Di questo non si discute.
Dopo il braccio di ferro sulla prescrizione ci si avventura nell’interpretazione dei piani politici che starebbe architettando Renzi, divenuto ormai la vera ossessione per il Pd. Si giunge a sospettare che l’ex premier sia disposto a diventare un partner della Lega, che vi sarebbe un accordo tra i “due Matteo”, che potrebbe nascere un governo ostile sia a Renzi che a Salvini e, così fantasticando, non si esclude che intorno a Mario Draghi si ritrovino entrambi.
Proviamo a ragionare seriamente? Escludo che Renzi pensi a elezioni anticipate. Non solo per i sondaggi che girano sul conto di Italia Viva. Con il referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari, è intervenuta una sorta di semestre bianco: la prima data utile per tornare alle urne sarebbe settembre, nel pieno della sessione di Bilancio, quando diventa difficile le Camere. Si sostiene, allora, che Renzi intenda spingere le cose fino a una crisi da risolvere mettendo in piedi un nuovo governo.
È probabile; c’è da chiedersi tuttavia quale sarebbe la novità del nuovo esecutivo. Tutto si ridurrebbe a sostituire Conte? Non mi ha mai ispirato grande fiducia “il presidente di tutti i Consigli” come scrive Biagio de Giovanni. Dubito tuttavia che Zingaretti, che improvvidamente lo ha definito “punto di riferimento”, e M5s, che lo ha inventato, accoglierebbero una tale richiesta. Insomma, i margini politici dell’iniziativa di Renzi sono risicati: non può lavorare per elezioni anticipate, né tantomeno per un governo realmente nuovo.
In questa situazione appare insensato auspicare la costituzione a Palazzo Madama di un gruppo di cosiddetti “responsabili” per sostituire nel governo la fastidiosa Italia viva. Non andrebbe lontano un governo sorretto da una manica di voltagabbana e anime morte, né il Pd potrebbe acconciarsi a un simile pastrocchio unicamente per tirare a campare.
Insomma, siamo in una situazione politica bloccata, destinata a durare in assenza di alternative. Costretti in un vicolo cieco dalla scelta compiuta ad agosto, l’Italia ne paga le conseguenze. A sei mesi dalla formazione del governo tra Pd e grillini, l’economia italiana è sull’orlo di una recessione, il Paese è buon ultimo in Europa, il Parlamento non riesce a combinare granché. Si stanno creando le condizioni che si riteneva di scongiurare con il governo giallo–rosso: il successo della destra e di Salvini.
Non sarebbe stato meglio affrontare a viso aperto con il voto Salvini e la destra, chiamando gli italiani a una scelta cruciale per il Paese?