Pd e M5s si dividono all’Europarlamento sul Mes (i pentastellati hanno votato insieme a Fratelli d’Italia un emendamento della Lega – bocciato grazie anche ai voti dem – contrario a indicare la linea di credito collegata al Meccanismo europeo di stabilità tra gli strumenti a disposizione dei Paesi per far fronte alla crisi), ma a Roma continueranno a essere uniti sulla linea recentemente dettata da Conte e Gualtieri. Ne è convinto Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie. “La mia tesi sembrerà estrema, ma penso che a differenza di Lega e Fratelli d’Italia, che ritengono ci sarebbe una sorta di stigma che peserebbe sulle emissioni di debito, i 5 Stelle non vogliano il Mes per via del loro forte legame con la Cina”.
Ci può spiegare meglio questa sua tesi?
Più l’Italia resterà in crisi, più le nostre imprese verranno comprate dai cinesi. In questa situazione di grande difficoltà, con settori come il turismo di fatto privi di aiuti, con pochi indennizzi alle imprese che oltretutto non si capisce fino a quando non potranno licenziare per ragioni economiche, è infatti alto il rischio che le aziende vengano vendute a chi si presenta con grandi somme di denaro a disposizione come i cinesi. Pechino sta già facendo shopping nel nostro Paese, come accaduto nel comparto degli yacht e delle imbarcazioni di lusso, e ora può aumentare il numero di piccole e medie imprese in portafoglio. Le scelte dei 5 Stelle, anche nel caso del Mes, sono funzionali a questo obiettivo, visto anche che le risorse del Recovery fund non arriveranno almeno fino a metà dell’anno prossimo.
Non si può sopperire ai ritardi nell’arrivo di queste risorse emettendo più debito?
Il problema è che più si allunga la crisi, più si limitano le attività economiche, più le imprese saranno in crisi, facendo aumentare le sofferenze bancarie, con risvolti negativi anche per quel che riguarda le emissioni di debito pubblico.
Lei come si spiega che anche un sostenitore del ricorso al Mes come Gualtieri abbia appoggiato la “frenata” di Conte di domenica sera?
I 5 Stelle sono ancora il partito di maggioranza relativa e se cade questo Governo il Pd potrebbe vedere compromessa la propria partita per la successione di Mattarella, senza dimenticare che nella prossima primavera si terranno importanti elezioni amministrative: i dem potrebbero aver bisogno dei voti pentastellati che, come si è già visto un mese fa, possono essere determinanti, specie al secondo turno. In sostanza il Pd resta al Governo con M5s per ottenere i suoi voti, sia per il Quirinale che per i Sindaci di Milano, Roma e altre città. Gualtieri è un politico più che un economista ed è quindi disposto a frenare sul Mes pur di garantire la sopravvivenza dell’esecutivo.
Zingaretti può essere d’accordo con questa frenata?
Per Conte è stato semplice sterzare verso le posizioni dei 5 Stelle: non credo che abbia un disegno preciso in mente, semplicemente fa quello che di volta in volta gli risulta più comodo e conveniente. A Zingaretti, invece, la mossa del Premier, sostenuto dal ministro dell’Economia che è membro del suo partito, causa non pochi problemi, soprattutto perché tra chi spinge per il Mes ci sono anche dei Governatori, tra cui Bonaccini di cui si è parlato come suo possibile successore alla guida dei dem. Lui stesso poi è Presidente di Regione. Non sarà quindi facile per il Segretario tenere compatto il Pd.
Anche Renzi manderà giù la frenata al Mes?
Vedo una politicizzazione crescente del dibattito sul Mes e la creazione dell’Intergruppo parlamentare “Mes subito” potrebbe portare persino alla nascita di un nuovo partito. Sarebbe un partito di centro, che guarda all’Europa mostrandosi responsabile di fronte all’emergenza del Paese, una sorta di nuova Scelta Civica di Monti. Renzi sta navigando a vista ed è possibile che possa anche valutare di mollare questa maggioranza per partecipare a un governo di unità nazionale con questo partito. Tutto dipenderà da come evolverà la situazione.
In questo senso sarà importante il momento di verifica di governo annunciato da Conte. Si parla anche dell’ipotesi di un rimpasto.
Credo che al massimo verrà fatto qualche ritocco secondario, perché l’equilibro tra i partiti di maggioranza, dentro i 5 Stelle e anche nel Pd, è piuttosto precario. Un rimpasto sarebbe quindi molto rischioso. Credo che continueranno a parlare della necessità di una verifica, ma nei fatti non la faranno.
(Lorenzo Torrisi)