Gianni Rezza, noto medico ed epidemiologo, nonché ex Direttore Generale della Prevenzione sanitaria del Ministero della Salute, ha pubblicato una personale riflessione sulle pagine del Corriere della Sera, parlando delle varie crisi epidemiche che sono sorte nel periodo successivo al covid. Non è tanto sua intenzione riflettere sui possibili rischi che nuove malattie potrebbero far scaturire, ma piuttosto analizzare la modalità in cui le istituzioni e gli addetti ai lavori dovrebbero affrontare e comunicare queste complesse situazioni. Secondo Rezza, ovviamente, è opportuno controllare e non sottostimale le epidemie, ma di contro se si genera, ad ogni nuova minaccia, panico nella popolazione, l’esito potrebbe essere la perdita della fiducia nelle istituzioni, o nei comunicatori del rischio.
Rezza: “Sopravvalutare le epidemie può fare peggio che sottovalutare”
La riflessione di Rezza parte dal sottolineare come “di fronte a fenomeni nuovi o a crisi ricorrenti, si risponde in maniera diversa a seconda che prevalga la cautela o, per eccesso, l’ansia, o piuttosto la rimozione”, ma non solo, perché con il covid “gli esperti hanno imparato a compiacere alcuni meccanismi mediatici, per cui enfatizzare un allarme, piuttosto che spegnerlo, può far parte del gioco, oppure tendono a esprimere opinioni invece che mantenere un oggettivo distacco e sottolineare la mancanza di certezze”.
Eppure, davanti alle epidemie o a situazioni analoghe, spiega Rezza, “come avvenne lo scorso anno per l’epatite di origine sconosciuta” di cui furono segnalati diversi casi nel Regno Unito, che finirono per rivelarsi “tanto rumore per nulla”, citando Shakespeare, “piuttosto che azzardare fosche previsioni, sarebbe bene evitare qualsiasi previsione“. L’idea fondante, secondo l’esperto, per la comunicazione del rischio è adottare la prudente posizione “del ‘wait and see'”. Secondo Rezza, infatti, “sottovalutare i rischi e rassicurare con fare paternalistico può essere pericoloso, per la popolazione, ma anche per le conseguenze che ciò può comportare a livello legale”. Similmente, invece, “sopravvalutarli e finire per gridare ‘al lupo’, può comportare discredito e perdita di fiducia nei confronti delle autorità sanitarie. In fondo”, conclude l’epidemiologo, “prepararsi al peggio in silenzio ma esprimere con onestà e trasparenza dubbi e incertezza è una prova di forza, non il contrario”.