Tra i primi ad attuare le terapie sperimentali per guarire dal Covid, tra i primi ad aggiornare le statistiche mondiale su come poter affrontare al meglio la pandemia e tra i primissimi a valutare con studi approfonditi la diminuzione netta del coronavirus a livello clinico: da oggi però l’Ospedale San Raffaele di Milano acquisisce un altro “primato” con la pubblicazione dei risultati sulla riabilitazione dei primi 150 pazienti affetti da Covid e curati nello specifico reparto tra i mesi di aprile e maggio, ovvero nel pieno della fase 1. Come riporta il direttore del Dipartimento di Riabilitazione dell’IRCSS Ospedale San Raffaele, Dottor Sandro Iannacone, durante i mesi centrali della pandemia, il San Raffaele è stato il primo ospedale al mondo a creare ad hoc un reparto di riabilitazione per i pazienti Covid-19 ancora infettivi.



Lo scopo era tanto semplice quanto ambizioso: recuperare fin da subito, senza attendere la fine della malattia, le piene «funzionalità motorie, respiratorie e neurologiche perse durante la fase acuta della malattia nel più breve tempo possibile». E così il reparto ha fornito una terapia riabilitativa a 360° tramite la folta eque medica composta da specialisti, che comprendono fisiatri, neurologi, neurochirurghi, pneumologi, neuropsicologi, psichiatri, cardiologi, otorinolaringoiatri, fisioterapisti e nutrizionisti. Come riporta ancora il San Raffaele, l’approccio iniziato dall’ospedale è stato innovativo e fonte di esempio a livello mondiale: risultati ottenuti sono stati oggi pubblicati su diverse riviste scientifiche del settore, tra cui l’Archives of Physical Medicine and Rehabilitation che raccoglie gli specialisti della riabilitazione negli States.



L’ITER DI RIABILITAZIONE POST-COVID

«È solo grazie alla stretta collaborazione tra le Unità operative di Neurologia, Neurochirurgia e Riabilitazione Cardiologica dell’Ospedale che è stato possibile reagire in tempo record e creare il primo reparto riabilitativo dedicato interamente ai pazienti COVID-19 positivi. Un’esperienza di gestione interdisciplinare e integrata che ci ha permesso di delineare le linee guida internazionale per la riabilitazione in questi pazienti», spiega orgoglioso Iannacone nella nota dove spiega il complesso iter di riabilitazione dal Covid-19. Oltre a presentare le “consuete” problematiche, il Sars-CoV-2 vi sono diversi altri sintomi come disabilità motorie, cardiologiche, neurologiche, cognitive e psicologiche che necessitano di attenta fase riabilitativa.



«Una volta conclusa la fase critica, l’attenzione si è spostata sulle conseguenze muscolo-scheletriche legate al prolungato allettamento, sul ritorno a un’alimentazione normale e poi sulla sfera cognitivo-emotiva. Nel lungo periodo bisogna invece affrontare problematiche psichiatriche, come disturbi da stress-post traumatico, ansia e depressione, conseguenza del lungo periodo in terapia intensiva. Questa seconda fase della riabilitazione è stata prevista anche per i pazienti che si negativizzavano durante la permanenza in istituto», spiega il San Raffaele garantendo un percorso di almeno 6 mesi per tutti i pazienti Covid-19 che necessitano di tale riabilitazione dopo la fase acuta del coronavirus.

Il paziente è seguito fino alla completa guarigione, dall’accoglienza in Pronto Soccorso, al trasferimento e alle cure nei reparti e/o nelle terapie intensive Covid, fino alla riabilitazione con équipe multispecialistiche prima della dimissione: «I sistemi sanitari di tutto il mondo si sono organizzati per ampliare i reparti di malattie infettive e i letti in terapia intensiva. Con il nostro esempio dimostriamo che per affrontare l’emergenza COVID-19 anche le unità di riabilitazione hanno bisogno di maggiore attenzione e necessitano di essere organizzate seguendo specifiche esigenze cliniche e organizzative», conclude il direttore del Dipartimento dell’IRCSS San Raffaele Milano.