L’incremento dei prezzi di gas e petrolio con annessa diminuzione delle scorte è l’esempio più “popolare” di un fenomeno che coinvolge materie prime e prodotti di base: rame, acciaio, alluminio, legname, terre rare e così via. A fasi alterne sono l’occasione per un commento sul rincaro di questo o quel prodotto che colpisce famiglie e consumatori. In tutti i casi ci si chiede l’origine del problema indagando il tema delle riaperture, delle guerre commerciali o di questa o quella tensione geopolitica dimenticando un fattore decisivo. Per invertire il trend e abbassare i prezzi l’unica soluzione vera, fatta salva una crisi economica che colpisca la domanda, è incrementare l’offerta e la produzione. Prendiamo, ad esempio, l’industria del legname con prezzi quasi triplicati negli ultimi sei mesi; la soluzione sarebbe produrre di più con gli operatori che nel frattempo incassano prezzi molto rotondi. Lo stesso si può dire per gas e petrolio, per il rame e per il resto dei prodotti di base.

La soluzione in intere regioni globali è semplicemente impossibile perché si scontra con norme e regole “ambientali” che nei fatti impediscono l’estrazione di rame, l’incremento di produzione di plastica o di legname. Per fare i motori elettrici servono rame, terre rare, nichel e molte altre materie prime, ma l’Italia, per esempio, non sarebbe disposta, sostanzialmente per nessuna condizione, ad aprire una miniera di rame o di terre rare perché il settore estrattivo è “molto sporco”, anche dal punto di vista energetico, ed estremamente invasivo dal punto di vista ambientale. Il problema finora non si è mai presentato perché i Paesi produttori non si sono mai posti il problema ambientale, né hanno avuto bisogno di quelle risorse perché non avevano un’economia sufficientemente ricca e avanzata. Anche per fare le pale eoliche serve la plastica e quando fa freddo bisogna spargere sostanze antigelo che vengono dal petrolio. La questione non si è mai posta perché l’offerta è sempre stata superiore alla domanda oggi si pone perché i Paesi in via di sviluppo si sono sviluppati e perché l’offerta nei Paesi occidentali è crollata con la produzione di interi settori che è stata resa non economica dalle regole o vietata. 

Il prezzo di queste scelte non è mai stato pagato o spiegato e la coscienza ambientale dell’occidente è stata placata perché le miniere che producono il rame o le terre rare sono da un’altra parte. E nessuno si pone il problema né di quanto inquinano, né dei problemi geopolitici che pongono, in Paesi poverissimi, e che scatenano guerre e violenze. Ogni tanto si legge dei carichi di vecchi pannelli solari e batterie spediti in Africa o nel sud est asiatico per essere “riciclati” mentre gli esperti di settore partecipano ai convegni in cui si cerca di capire tra quanti anni o decenni saremo in grado di riciclare la chimica in questi prodotti in occidente.

Le risorse con cui si producono beni di largo consumo sono diventate alla fine molto costose e scarse e in occidente nessuno sembra disposto a produrle per aumentare la disponibilità. Nessuno sembra voler spiegare ai consumatori che quei prodotti sono di largo consumo e accessibili solo a certe condizioni e solo se le componenti vengono prodotte in dimensioni che garantiscono la produzione di massa e le economie di scala. Per mantenere la finzione che la transizione energetica e regole che impediscono la produzione siano neutrali per lo stile di vita delle famiglie l’unica soluzione è comprimere artificialmente la domanda con una scusa o l’altra. Non è solo una questione di stile di vita perché gli incrementi di produttività che ci ha regalato la tecnologia sono anche quelli che permettono l’impiego di migliaia di persone in settori che “non producono niente”: sanità ed educazione per esempio. Una cosa è certa: a queste condizioni e con queste regole più il problema del rincaro e della scarsità delle materie prime si aggrava, più aumentano gli incentivi per “risolvere” il problema comprimendo la domanda. Dato che nessuno ha spiegato quali sarebbero state le conseguenze di certe decisioni c’è un’intera classe politica e di esperti che si ritroverebbe in difficoltà.

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