Chiunque abbia anche solo distrattamente osservato le imprese, in Europa e in America, che nelle ultime settimane hanno pubblicato i risultati del secondo trimestre si deve essere accorto di un filo conduttore che lega società dei settori più disparati. Analisti e investitori nelle rituali conference call in cui è possibile rivolgere domande direttamente al management hanno cercato di farsi dire quanto le aziende saranno in grado di aumentare i prezzi nei prossimi mesi e soprattutto quale sia l’accoglienza nel loro mercato di riferimento da parte di consumatori o di altre aziende.
Che si tratti di alimentare, cosmetica, prodotti per l’igiene personale piuttosto che componentistica auto o materiali di costruzione la questione non cambia. Gli investitori possono apprezzare in tempo reale le variazioni di questa o quella materia prima guardando i grafici, ma tutto questo entra nell’economia reale in modo meno lineare e più complicato.
Ci sono settori con una competizione interna feroce, altri che sono dei quasi oligopoli, ci sono prodotti che non possono mancare nei carrelli della spesa e altri discrezionali, prodotti con un prezzo unitario molto basso e altri che sono all’opposto. Oltretutto molte società fino a qualche mese fa vendevano prodotti assemblati con componentistica e materie prime che non erano ancora stati influenzati dai rialzi. Gli aumenti dei prezzi delle materie prime, dei noli marittimi con cui si trasportano componenti da un continente all’altro arrivano alla fine sull’economia reale per ondate e con un ritardo che può essere anche di diversi mesi.
Fino a oggi il consumatore finale in parte non ha visto tutto il conto anche per un banale effetto di ritardo rispetto alle scorte delle imprese e in parte quel conto è stato assorbito dalle società. La domanda, compressa da 12-18, mesi di restrizioni è rimasta intatta, preservata in molti Paesi da ampi aiuti statali e dal fatto che una larga fetta di consumatori è rimasta a stipendio pieno senza poter consumare determinati beni, dai ristoranti fino ai voli aerei passando per palestre e piscine. Ora le imprese dovranno passare gli incrementi dei costi agli utenti finali, ma senza un aumento generalizzato dei salari bisognerà rinunciare a qualcosa e gli investitori saranno obbligati a osservare e a stilare una classifica delle società che possono passare gli incrementi dei prezzi e di quelle che fanno fatica oppure che non possono proprio.
Rimane sullo sfondo lo sviluppo della pandemia ed è possibile che la fiammata a cui stiamo assistendo possa rientrare o rallentare se le “varianti” dovessero influenzare i consumi nei prossimi trimestri; è difficile però che i prezzi scendano e le banche centrali e i governi al momento non sembrano avere alternative allo schema dell’ultimo anno e mezzo.
I prossimi mesi saranno fondamentali sia per le società che per gli investitori che avranno la conferma o meno di quello che hanno fatto vedere e raccontato gli amministratori delegati. Non è ancora chiaro come questo possa impattare le quotazioni perché lo scenario rimane molto volatile e le previsioni a medio lungo termine non sono particolarmente di moda sui mercati. Qualcosa ovviamente si è già visto e i più attenti hanno notato, per esempio, le riduzioni di pacchetti e confezioni a parità di prezzo. È solo la prima ondata, però, e a dirlo sono state le stesse società nelle ultime tre settimane.
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