Chi salvare prima? L’età non è un criterio sufficiente per stabilire chi può beneficiare delle terapie. Va assistito prima colui che ha maggiori speranze di vita. Lo stabilisce un protocollo Iss che fissa i criteri per i medici, in particolare gli anestesisti, nel caso in cui si ritrovino a dover scegliere chi ricoverare prima in terapia intensiva, solo in una situazione di estrema gravità. Il documento, come riportato dal Messaggero, si chiama “Decisioni per le cure intensive in caso di sproporzione tra necessità assistenziali e risorse disponibili in corso di pandemia da Covid-19”. A metterlo a punto la Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva e la Società italiana di medicina legale e delle assicurazioni. L’Istituto superiore di sanità lo ha pubblicato sul sito del Sistema nazionale linee guida. Come avviene con le catastrofi, anche in questo caso va assistito prima chi ha maggiori speranze di vita, come peraltro sta accadendo in diverse terapie intensive italiane che si ritrovano ad affrontare uno squilibrio tra domanda e offerta di cure. Ma ad ogni malato vanno garantiti i diritti e che sarà trattato con «gli strumenti possibili».



RIANIMAZIONE, CHI SALVARE PRIMA? ARRIVA PROTOCOLLO ISS

I principi costituzionali restano fermi, ma è evidente che in una situazione di emergenza ci si possa ritrovare a dover ricorrere ad una scelta di allocazione delle risorse. Per questo le due società suggeriscono, a fronte della situazione attuale, di creare un triage ad hoc negli ospedali. Come riportato dal Messaggero, si tratterebbe di un centro di valutazione per stabilire quali pazienti hanno priorità di assistenza.



Gli anestesisti a tal proposito spiegano che si tratta di accertare «potrà con più probabilità o con meno probabilità superare la condizione critica con il supporto delle cure intensive». Non è detto, dunque, che un giovane abbia maggiori speranze di vita di un anziano. Non dipende dalla loro età. Sono stati individuati, infatti, i parametri. Sono 12 e tutti all’esame dell’Istituto superiore di sanità, insieme alle condizioni da seguire prima di arrivare poi alla scelta estrema. Alcuni potrebbero anche non desiderare di essere sottoposti a cure intensive.

«La sola etica ippocratica risulta insufficiente. Occorre applicare il triage. E come ogni atto medico deve basarsi innanzi tutto sui criteri di appropriatezza e proporzionalità», scrive Carlo Maria Petrini, direttore dell’Unità di Bioetica e presidente del Comitato etico dell’Iss, nel documento pubblicato.