I meno ‘agés’ forse non sanno nemmeno cosa siano, o magari ne hanno sentito parlare tramite i racconti dei nonni o dei genitori. Le colonie estive d’altronde hanno avuto successo dall’800 fino all’inizio della seconda metà del ‘900. Troppo in là negli anni per sapere di cosa si tratta. Li potremmo descrivere come strutture, posizionate in luoghi di villeggiatura, in cui le famiglie meno abbienti mandavano i figli o per sottoporli a cure, soprattutto a fronte di malattie tubercolari, o per far trascorrere loro una vacanza. Hanno avuto il loro boom durante il periodo fascista, diventando più che altro luoghi di propaganda, per poi vedere il declino negli anni ’70.



Oggi molte delle strutture che ospitavano le colonie estive sono dismesse e consegnate al degrado. Di qui l’iniziativa dell’Emilia Romagna di tentare di riaprire quei luoghi, eliminando i vincoli per favorire nuovi investimenti e creare flussi turistici. Il comico Giacomo Poretti, anche lui tra i bambini che hanno preso parte alle colonie estive, intervistato da Il Messaggero si è raccontato, tornando indietro nel tempo ai ricordi di quelle estati lontano da casa.



Giacomo Poretti e le colonie estive: “I miei restavano a casa a lavorare”

É la storia di uno dei tanti bambini dell’epoca quella di Giacomo Poretti, comico del famoso trio: i genitori a casa a lavorare e lui al mare in colonia. Erano di solito i medici di base a ‘prescrivere’ questi soggiorni per poter sottoporre i bambini a cure termali o altro. Ma erano anche la prima occasione per stare lontano dalle famiglie divertendosi in vacanza. Poretti ha commentato l’iniziativa romagnola della riapertura delle colonie estive come un fatto positivo, ma al tempo stesso ha ricordato gli anni delle sue colonie con ‘ribrezzo’. I ricordi sono infatti in parte incentrati sulla tristezza di trascorrere i mesi estivi lontano dai propri genitori che, entrambi operai, non potevano abbandonare il lavoro.



“Il medico aveva sentenziato che ero un bambino linfatico, un termine che si usava molto all’epoca e di cui mi sfugge ancora il significato, dunque avevo assolutamente bisogno di iodio. Papà e mamma minimizzavano i miei malesseri incoraggiandomi a partire con la promessa che avrei respirato aria buona. Ma l’aria buona, per me, era stare a casa con loro”. Degli anni delle colonie estive il comico ne ha parlato anche in uno dei suoi libri “Alto come un vaso di gerani”. E nel commentare quel periodo della sua infanzia ha affermato: “Oggi posso dire di essermi riconciliato con quel periodo della mia vita. Tanto da guardare con favore alla riapertura delle colonie: offrono ai ragazzi momenti di socialità, e non mi pare un beneficio da poco”.