Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è annunciato lunedì prossimo a Vo’ Euganeo per la riapertura delle scuole: che nel Veneto è prevista regolare, perfettamente allineata a quella confermata ieri dal premier Giuseppe Conte e dal ministro dell’Istruzione, Lucia Azzolina. 

Da quando l’Italia è uscita dal lockdown, Mattarella non ha mai mancato di farsi trovare nei luoghi appropriati nei giorni giusti: per fermarsi un attimo a ricordare, dare coraggio, accendere la voglia di ricostruire. È accaduto a Codogno, a Bergamo, a Milano qualche giorno fa. A differenza del Premier Conte (alla fine grottesco nella sua toccata-e-fuga fra i Vip di Cernobbio; e parecchio politicante l’altra sera alla Festa dell’Unità di Modena), il Capo dello Stato non ha mai avuto timore di salire da Roma nel Nord flagellato dal Covid e adesso da una paurosa recessione. Ha sempre voluto confermare – con la sua presenza – che il Paese è uno solo, gli italiani sono tutti uguali e devono sentirsi uniti davanti a una crisi senza precedenti. E lui, primo Presidente siciliano nella storia repubblicana, sente chiaramente in modo particolare la sua missione istituzionale in questo momento.



Nessun stupore che Mattarella abbia avvertito il dovere di essere lunedì nel comune veneto dove il virus ha fatto la prima vittima in Italia. Ma Vo’ è anche un village divenuto simbolo globale della speranza nei giorni più bui della pandemia in Europa. La fiducia nella scienza, un’amministrazione pubblica normalmente efficiente ed efficace – come si è rivelata  quella della Regione Veneto – e soprattutto un tessuto socioeconomico vitale e coeso sono capaci di miracoli, anzi: possono compiere gli unici “miracoli” accessibili agli umani.  

Il Presidente della Repubblica sarà nel Nordest per riconoscere e riaffermare questo, guardando all’intero Paese. E nessuno si sognerà di equivocare la sua presenza civile – di Capo dello Stato italiano – per il fatto che la scuola di Vo’ ospiterà sei giorni dopo i seggi elettorali per il referendum sul taglio dei parlamentari e per il rinnovo del consiglio regionale veneto. Quest’ultimo avrà peraltro un esito scontato: il governatore leghista Luca Zaia sarà riconfermato per un terzo mandato, con buone chance di diventare il presidente di Regione italiana più votato di tutti i tempi. 

Lunedì con Mattarella sarà a Vo’ anche il ministro Azzolina. Era già stata nei comuni della Val Seriana a fine giugno: promettendo una regolare riapertura delle scuole. Tre mesi dopo l’impegno appare completamente disatteso. Le scuole in Italia – al di là della conferenza stampa di ieri a palazzo Chigi – riapriranno in ordine sparso. Milioni di docenti e studenti – in molte regioni – non sanno ancora il giorno in cui le lezioni potranno riprendere (forse giovedì 24). 

Può darsi che le aule di Vo’ saranno attrezzate per l’occasione con prototipi dei nuovi banchi-Covid: a mo’ delle squadriglie di caccia ai tempi di Mussolini. Certamente altrove – al Nord come al Sud – gli “otto milioni di baionette” promessi dal commissario straordinario Domenico Arcuri non ci sono: forse i 2,4 milioni di banchi appaltati arriveranno a ottobre. Il caos organizzativo, nel frattempo, è oltre la linea rossa: fra migliaia di cattedre scoperte, nebbia sulla situazione dei docenti “fragili”,  spirali di ordini e contrordini sulle linee guida sanitarie per gli studenti,  Ancora una volta, se la scuola italiana sopravviverà alla prova lo dovrà – come al debutto della didattica a distanza – alla professionalità e alla coscienza civile di larga parte del suo esercito (studenti e famiglie compresi). Un “popolo” puntualmente lasciato allo sbando dai suoi generali: si tratti di Caporetto o dell’8 settembre.

Azzolina, il 14 settembre, non avrebbe dovuto concedersi un tour politico in Veneto, infilandosi abusivamente sotto la giacca del Presidente della Repubblica. Avrebbe fatto meglio a rimanere a Roma, entrando nel suo studio al ministero anche prima della campanella delle 8. Avrebbe dovuto dedicarsi solo al suo dovere istituzionale: lavorare e far lavorare la Pa scolastica per garantire la puntualità, la sicurezza e l’efficienza del servizio pubblico a Vo’ come a Lampedusa, a Nembro come nel centro di Roma. 

Il suo fuorigioco nel Nordest  – può sembrare qualunquistico sottolinearlo, ma tant’è – promette solo di far aumentare i consensi per Zaia e diminuirli ancora per M5S. Se il partito del ministro non fosse disgregato e potesse contare su una qualche leadership politica residua glielo impedirebbe. Ma i grillini non sembrano potersi più fidare neppure di Beppe Grillo, né essere in grado di garantire alcun minimo governo per il Paese. Dopo due anni di test, in una fase terribile, un Paese democratico avrebbe diritto di ridiscuterne. Per ora potranno farlo – fra dieci giorni – gli italiani di sette regioni. In alcune sarà un pretesto (pessimo) per rinviare l’inizio delle scuole. A meno che il rinvio scolastico – miscelato a un’ulteriore crescita dei contagi – non diventi pretesto per un’ultima, disperata scommessa: il rinvio “sine die” dell’election-day