Sembra, finalmente, che la fase 2 stia arrivando o che, perlomeno, si inizi a definire il quando e, soprattutto, il come immaginare il ritorno, progressivamente, a una, seppur probabilmente molto diversa, “normalità”. Alcuni interessanti spunti li offre, sicuramente, il Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione pubblicato solo pochi giorni fa.



Lo studio parte dal presupposto che la progressiva riattivazione del ciclo produttivo non possa prescindere da un’analisi dell’organizzazione del lavoro atta a contenere il rischio attraverso rimodulazione degli spazi e postazioni di lavoro, dell’orario di lavoro e dell’articolazione in turni, e dei processi produttivi. Si immagina così che gli spazi di lavoro dovranno essere rimodulati nell’ottica del distanziamento sociale compatibilmente con la natura dei diversi processi produttivi.



Nel caso, ad esempio, di lavoratori che non necessitano di particolari strumenti e/o attrezzature di lavoro e che possono lavorare da soli, gli stessi potrebbero, per un periodo transitorio (auspicabilmente breve), essere posizionati in spazi ricavati ad esempio da uffici inutilizzati, sale riunioni, ecc.

Per gli ambienti dove operano più lavoratori contemporaneamente potranno essere trovate soluzioni innovative, ma già testate in queste settimane in realtà quali le farmacie, come ad esempio il riposizionamento delle postazioni di lavoro adeguatamente distanziate tra loro e l’introduzione di barriere separatorie (pannelli in plexiglass, mobilio, ecc.).



Per gli spazi comuni poi dovrà essere prevista una ventilazione continua degli ambienti, prevedendo altresì una turnazione nella fruizione nonché un tempo ridotto di permanenza all’interno degli stessi, naturalmente con adeguato distanziamento.

Nella gestione, inoltre, dell’entrata e dell’uscita dei lavoratori dovranno essere favoriti, per quanto possibile, orari scaglionati e laddove possibile, prevedere una porta di entrata e una di uscita dedicate. Dovranno, quindi, essere limitati al minimo indispensabile gli spostamenti all’interno dell’azienda nel rispetto, in ogni caso, delle indicazioni aziendali.

Non saranno poi consentite le riunioni in presenza, favorendo il collegamento a distanza o, se le stesse saranno ritenute necessarie, potranno avvenire solamente garantendo un adeguato distanziamento e riducendo al minimo il numero di partecipanti.

L’accesso di fornitori esterni, in questo quadro, potrà avvenire secondo modalità, percorsi e tempistiche ben definite dall’azienda e, dove necessarie, per le attività di carico/scarico merce si dovrà, ovviamente, rispettare il distanziamento sociale.

La sensazione, insomma, è che il coronavirus modificherà profondamente (per sempre?) i luoghi, e i modi, di lavorare puntando, per quando possibile, a una digitalizzazione e “smartizzazione” di tutte le attività che possono essere realizzate in tali modalità.

Viene da chiedersi, tuttavia, se il Paese sia pronto per questa “rivoluzione”. Sicuramente dovrà essere accompagnato, con serietà, in questo percorso in cui ognuno, secondo il proprio ruolo, sarà chiamato a dare un contributo a partire da aziende, parti sociali e amministrazioni pubbliche.

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