Imprese, liberi professionisti, lavoratori autonomi e commercianti stanno in questi giorni, più che i normali cittadini costretti in casa da ormai due mesi, cercando di capire tempi e modalità della cosiddetta fase 2. Un compito non facile considerando che trapelano dichiarazioni, pareri tecnici e contenuti delle relazioni della task force all’uopo costituita, ma nessuna posizione ufficiale da parte del Governo. Uno stress che si aggiunge a quello cumulato per cercare di avere riscontri dalla propria banca circa la possibilità di ottenere linee di credito garantite dal decreto liquidità o un’indennità una tantum, in attesa che venga approvata quella per il mese corrente ormai vicino al termine. Uno stress cui rischia di sommarsi un esborso non da poco causa vera e propria speculazione sui prezzi di alcuni beni che si ritengono “essenziali” per la ripartenza.



Forse sarà capitato anche ad alcuni di voi di cercare in questi giorni di acquistare dei guanti monouso. Che siano in lattice, in vinile o in nitrile, bianchi, blu e neri, con o senza polvere, poco cambia: sono di fatto introvabili a meno di non voler spendere quasi il triplo (in alcuni casi anche oltre) di quello che era il loro prezzo fino a qualche settimana fa. Basta farsi un giro su Amazon, ebay o sui siti delle farmacie o dei negozi specializzati in attrezzature per esercenti per accorgersi della scarsità del prodotto e della possibilità di averlo a un prezzo “ragionevole” solamente in caso di spedizione dalla Cina (sic!) con tempi di consegna che possono arrivare anche a un mese.



Ma cosa c’entra tutto questo con imprese e commercianti che attendono di riprendere la loro attività? In effetti, i guanti monouso possono essere ambiti anche da quanti dovranno lasciare le loro postazioni in smart working e ritornare negli uffici usando i mezzi di trasporto dove ogni superficie può essere veicolo di contagio. Tuttavia questi lavoratori non avrebbero interesse a procurarsi un termometro a infrarossi per misurare la temperatura corporea a distanza, uno di quelli, per intenderci, che abbiamo visto usare agli ingressi dei supermercati o di alcuni uffici rimasti aperti in queste settimane per verificare se clienti o dipendenti avessero la febbre. Eppure anche questi prodotti sono diventati di colpo introvabili o acquistabili a fronte di tempi lunghi di attesa (oltre il fatidico 4 maggio) o prezzi che appaiono lunari.



Si sta insomma ripetendo quanto visto con gel igienizzanti per le mani e mascherine nella prima fase dell’emergenza sanitaria, una speculazione che fa meno rumore e scandalo perché riguarda il mondo produttivo, ma che è forse più intollerabile considerando che la corsa ad accaparrarsi questi beni sta avvenendo nella più totale incertezza circa la sua effettiva efficacia. Non ci sono tempi certi, norme certe, disposizioni certe su come dovrà avvenire la riapertura delle attività: si sta correndo spasmodicamente solo per avere la possibilità di poter tornare a lavorare e a ripagare affitti, dipendenti, tasse dopo settimane di fermo senza sapere se ce la si farà.

Una speculazione cui partecipa lo stesso mondo produttivo se è vero che chi per diverse ragioni, tra cui per esempio quella di operare nel settore alimentare, ha scorte di guanti che ha deciso di trasformare in fonte di guadagno. Una speculazione contro cui, non più tardi di due settimane fa, il commissario straordinario Domenico Arcuri aveva promesso battaglia. I risultati purtroppo non sembrano essere visibili. Così come le norme certe e le disposizioni sulla fase 2 a meno di dieci giorni dal 4 maggio.

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