Mentre gran parte degli Stati del mondo si avvia alla nuova fase della pandemia da Coronavirus (ovvero quella della convivenza con il SARS-CoV-2, anche se negli USA e in Brasile i numeri del contagio sono ancora elevati), ci si pone il problema di come contenere le misure igienico-sanitarie anti assembramenti e di distanziamento sociale con le ritrovate necessità della popolazione, non ultima quella di poter pregare nei luoghi di culto. Per alcuni infatti non di sola economia si vive ma ci sono anche esigenze spirituali ed è anche per questo motivo che la Gran Bretagna (il Paese del Vecchio Continente maggiormente colpito dall’epidemia anche per la scellerata scelta di ritardare misure di contenimento e lockdown) ha deciso comunque una riapertura limitata dei luoghi di preghiera. Tuttavia, nonostante le richieste da parte del mondo religioso, anche a quelle latitudini gli esperti predicano cautela e invitano i leader e le autorità religiose a mordere ancora il freno nonostante il legittimo e comprensibile desiderio di centinaia di migliaia di fedeli di tornare in chiesa, nel proprio tempio, moschea o sinagoga che prima frequentavano.
FASE 3, E’ GIUSTO RIAPRIRE I LUOGHI DI CULTO?
Insomma da una parte un genuino desiderio di tornare a professare la propria fese nei luoghi deputati e non più solo in casa come durante il lockdown (o in luoghi all’aperto per evitare assembramenti), dall’altra la tentazione di alcuni leader di cavalcare il malcontento e fare pressione sulle autorità pubbliche. Anche per questo il timore è che alcuni leader politici in tutto il mondo possano spingere presto per una riapertura totale di chiese e altri luoghi deputati, anche per fini elettorali, assecondando in toto le richieste di tante persone invece di guidarle e indirizzarle verso scelte più ragionevoli e magari a metà strada. Ovviamente molti si chiedono, e a buon diritto, come mai ad esempio i centri commerciali coi loro negozi hanno già riaperto? Alcuni esperti spiegano che il primo fattore in gioco è legato all’economia: la chiusura di molte attività è stata gradualmente revocata, dopo aver approntato tutti gli idonei protocolli di sicurezza, perché il prezzo da pagare a livello economico era diventato insostenibile e avrà comunque ripercussioni negli anni a venire e come spiegano in molti la salute pubblica di un Paese è strettamente legata a quella economica.
TRA LE ESIGENZE DEI FEDELI E IL RISCHIO DI NUOVI CONTAGI
Il secondo fattore per cui in molti Paesi ancora non è stata decisa una riapertura totale dei luoghi di culto è che, nonostante il sincero desiderio di molti credenti di tornare a Messa o alle funzioni pubbliche, la fede non va intesa solo come qualcosa che va limitata a un determinato spazio fisico o che non possa essere professata ovunque se si ha la giusta disposizione di spirito e partecipazione. Per quanto sia importante ritrovare, per i credenti di qualsiasi religione, quel senso di comunità e condivisione verso qualcosa che va oltre la dimensione terrena, probabilmente dovrebbero essere le stesse guide religiose a far comprendere che (almeno per questa fase e auspicabilmente per non ancora molto tempo quando tutto tornerà alla normalità e appunto a una serena e responsabile convivenza col virus) non bisogna dare importanza solo al luogo in cui si prega ma al fatto che la bontà del sentimento non viene minimamente scalfita dall’eccezionalità della situazione che non solo un Paese ma quasi tutto il mondo sta vivendo, e di cui né il fedele né le autorità politiche dei Paesi investiti da questo tsunami sanitario hanno certo colpa.