Riccardo Chailly, dal 2015 Direttore musicale del Teatro alla Scala di Milano, si racconta in un’intervista. Alle pagine del Corriere della Sera, ripercorre la sua carriera a partire da quel giorno in cui la Prima sinfonia di Mahler accende in lui il desiderio di rendere la musica parte della sua vita, e del tentativo del padre, il compositore Luciano Chailly, di fargli cambiare idea. Ora, Riccardo Chailly è considerato uno dei direttori d’orchestra più importanti al mondo, celebre per le sue interpretazioni di Mahler, Puccini e Verdi.



In una società così rumorosa il silenzio aiuta a riflettere” racconta nell’intervista. “I silenzi sono parte integrante della musica, pensi alle cesure di Mahler. Se le comprendi affronti i grandi capolavori. Gli eventi della vita”. Al quotidiano racconta che “Da ragazzo amavo i Beatles e il blues americano. Ma anche figure come Paolo Conte e Gaber”, ma anche di essere stato un grande sportivo, al punto che “col paracadute superavo i 50 metri di altezza”.



Riccardo Chailly e il rapporto con la moglie Gabriella

Riccardo Chailly condivide con la moglie Gabriella l’amore per i monti svizzeri, che entrambi amano osservare dal loro chalet affacciato sul Golfo del Tigullio e circondata dalle vette dell’Engadina. Parlando della moglie al Corriera della Sera, la definisce un “Punto fermo nella mia vita. Imprescindibile”. Racconta con tenerezza come “Grazie a lei non mi sono mai sentito solo. Anche nei momenti di quella solitudine artistica legata all’impossibilità di realizzare un progetto”.

Un rapporto altrettanto profondo è quello che lo ha legato al padre Luciano Chailly, che “temeva facessi il musicista. Ne conosceva le infinite difficoltà” e per questo motivo “Voleva evitarmi delusioni avute da tanti”. Parla del loro rapporto come “Un continuo mettermi alla prova”, ritornando indietro nel tempo e raccontando che “A mio padre è legato il mio primo ricordo musicale. Avevo pochi mesi. Di notte lo ascoltavo suonare. Componeva al pianoforte. Le melodie, benché il suo fosse un linguaggio contemporaneo non facile, attraversavano le pareti fino alla mia stanza”.



Il complesso rapporto con il padre Luciano e la fede di Riccardo Chailly

Il ricordo del padre è fortemente legato alla fede. Nel 1964, infatti, Luciano Chailly scrisse la “Missa Papae Pauli” dedicata a Paolo VI. Riccardo Chailly racconta al Corriere della Sera che “Ero adolescente quando con mia mamma e le mie sorelle accompagnammo papà in Vaticano per essere ricevuti da Paolo VI”, definendo quel momento come un “ricordo potente” e conservando un ricordo del Papa come una “Figura carica di magnetismo.

Riccardo Chailly parla della fede come “Un atto di fiducia individuale” spiegando di essere convinto che “Dio è dentro di noi. Mentre la prima ondata di Coronavirus sconvolgeva il nostro Paese e il mondo intero, Chailly spiega di essersi sentito profondamento toccato nel “vedere Papa Francesco solo, davanti a lui piazza San Pietro deserta. Un atto forte, simbolico”. Parlando di sé, sceglie la definizione di “un credente in ricerca”, spiegando che “Le esperienze personali mi hanno aiutato nella ricerca in me stesso”.