RICCARDO MUTI COL ‘DON GIOVANNI’ DI MOZART A TORINO

Riccardo Muti ritrova il suo amato Wolfgang Amadeus Mozart, sua passione da studente quando, per sua stessa ammissione, ancora cercava di “arrampicarsi sulle note e sul pianoforte aveva le Sonate del compositore austriaco: infatti l’81enne Maestro e direttore d’orchestra dirigerà il “Don Giovanni” al Regio di Torino dal prossimo 18 novembre, con l’Orchestra e il Coro del Teatro e per la regia della figlia Chiara Muti. E nella lunga intervista che lo storico direttore musicale per quasi vent’anni del Teatro alla Scala di Milano ha concesso quest’oggi a ‘la Repubblica’ non si parla solo del capolavoro di Mozart e della sua estrema attualità ma apre anche lo sguardo sul mondo dell’opera e lo stato della cultura nel nostro Paese.



Il punto di partenza della lunga chiacchierata di Riccardo Muti col quotidiano romano è ovviamente l’evento della stagione lirica del Regio di Torino, con quel “Don Giovanni” che si avvale della regia della figlia Chiara e di Luca Micheletti nel ruolo del protagonista. “Ho diretto tre ‘Don Giovanni’ dei miei sette Mozart (…): è una figura immortale” racconta l’81enne partenopeo spiegando che l’opera è intrisa di ambiguità fin dalla sua definizione quale dramma giocoso. “Mia figlia Chiara ha tenuto in evidenza l’elemento giocoso, rendendo il dramma più tragico. Qui non siamo di fronte alla storia di uno sciupafemmine ma all’esplorazione dell’animo umano nelle sue pieghe più oscure” continua e prendendo ad esempio di ciò che dice l’analisi dell’ouverture dell’opera.



MUTI, “CULTURA? AUGURO BUON LAVORO AL MINISTRO SANGIULIANO”

E parlando dell’ambiguità del capolavoro di Mozart, Riccardo Muti ricorda anche come Don Giovanni, il cattivo dell’opera, alla fine muore e tutti dovrebbero esserne contenti ma nonostante questo tutti i personaggi paiono disorientati. Il motivo? Come nella ‘Messa da Requiem’ di Verdi, a detta del Maestro, rimane una sorta di punto interrogativo, “un’ombra di angoscia, così in Mozart è come se ci dicesse Don Giovanni è il Male, il Male è una luce sinistra… ma è una luce”. Allargando il discorso al tema della regia e rispondendo alla domanda dell’intervistatrice che gli ricorda come non ami particolarmente i registi, Muti spiega di amare le regie che sottraggono le opere in forma di concerto: “Ne ‘Il ballo in maschera’ a Chicago sono fiero di non aver censurato il testo in nome della correttezza come spesso succede…”.



Approfondendo proprio l’argomento della ‘correttezza’ come la chiama lui, Muti vede in questo un difetto di molti giovani autori: “I giovani devono conoscere la Storia anche se è brutta e il politicamente corretto non mi piace” dice senza mezze misure echeggiando in questo senso Gennaro Sangiuliano, neo Ministro della Cultura del Governo Meloni. “Gli auguro buon lavoro” dice il direttore d’orchestra, ricordando che quel ministero ha un compito molto gravoso vista la situazione contingente: anzi ne approfitta per rivolgergli un appello: “Si prenda cura dei problemi di un Paese come il nostro, stimato per il suo passato culturale ma oggi indietro e non perché manchino i talenti: ci sono intere regioni senza teatri, né sale da concerto”.