Riccardo Muti, in una intervista a La Stampa, racconta il suo rapporto con Papa Ratzinger ad un anno dalla sua scomparsa. “È stato un gigante. Sapeva parlare di temi altissimi a tutti, con chiarezza e semplicità coinvolgenti. Chiunque, ascoltandolo, si sentiva più intelligente. Mi emoziona sempre pensare a lui e al nostro legame”, ha ammesso il direttore d’orchestra.
La passione per la musica era comune tra i due ed è stata anche ciò che li ha portati a incontrarsi per la prima volta. “Conoscerlo personalmente è stato un onore. Ho provato per lui enorme stima. È successo prima che diventasse Papa. Da cardinale frequentava i concerti, ci siamo visti quando è venuto a seguirne alcuni a Salisburgo e a Monaco di Baviera”, ha raccontato. Ma non solo. “Ho avuto la fortuna di dirigere un concerto in ra, era presente anche il Pontefice. Terminato il concerto, Benedetto XVI, parlando a braccio, espresse considerazioni musicologiche sugli autori che avevo appena eseguito, Antonio Vivaldi e Giuseppe Verdi. Rimasi colpito”.
Riccardo Muti: “Papa Ratzinger un gigante, mi onora averlo conosciuto”. Il racconto
Il rapporto di Papa Ratzinger con la musica era profondo, quasi tanto quello di Riccardo Muti. “Ne è stato uno straordinario amante, oltre che grande musicista, ottimo pianista e organista lui stesso. Come il fratello, organista e direttore di coro. Benedetto XVI si è sempre interessato al fatto musicale come emanazione della presenza e della voce di Dio nell’universo”, ha spiegato. “Parlando con lui sono emerse una constatazione e una domanda: la Chiesa ha avuto strepitosi musicisti, con melodie capaci di entrare nella sfera spirituale, elevando il cuore e la mente e sublimando le liturgie: perché abbiamo abbandonato tutto questo?”.
L’ultimo ricordo che ha il direttore d’orchestra ha del Pontefice è molto toccante. “Poco prima della pandemia venni chiamato perché il Papa emerito aveva desiderio di rivedermi. Per un dialogo tra musicisti. Il colloquio durò un’ora. Benedetto era rannicchiato su una sedia, ormai vedeva poco, però i suoi occhi chiari erano ancora magnificamente espressivi. Per congedarmi mi guardò fisso, come a dire ‘Non ci rivedremo più’. Sembrava volere assorbire l’immagine della persona che gli era di fronte e portarla con sé”.