Riccardo Pittis: “Dopo il ritiro ho sperperato tutto”

Riccardo Pittis, 53enne ex ala della Nazionale di basket, è stato uno dei volti storici dello sport italiano. Una carriera importante la sua, con 23 trofei e mai neppure una gara saltata per infortunio. Dopo il ritiro nel 2005, sono cominciati i problemi che lo hanno poi portato a scegliere di intraprendere la carriera di mental coach. A Quotidiano.net ha raccontato le difficoltà avute dopo aver deciso di smettere: “Non è mai facile metabolizzare la fine di qualcosa che hai amato per anni. Nonostante tu abbia ancora tanta voglia di farlo, ci sono segnali che il corpo e la mente danno. A un certo punto mi pesava fare il doppio allenamento quotidiano, andare in trasferta o stare in ritiro. La partita ancora mi piaceva molto, ma il contorno no”.



Al termine della sua carriera da cestista, però, rimanere nel mondo del basket non è stata un’idea presa in considerazione: “Avevo chiara una cosa, quello che non mi sarebbe piaciuto fare: continuare nel mondo del basket. Ma non sapevo cosa mi interessava fare. Così ho iniziato a testare un mondo che non conoscevo, quello imprenditoriale, nello specifico della ristorazione e immobiliare. E l’ho fatto con la presunzione di colui che sa già come funzionano le cose anche se non conoscevo le basi. Così ho fatto danni enormi”.



Riccardo Pittis: “Mi ha salvato la mia forza di volontà”

Dopo aver detto addio al basket, Riccardo Pittis ha iniziato ad investire soldi sia nella ristorazione, sia nell’immobiliare, ma le cose non sono andate come previsto. A Quotidiano.net ha raccontato: “Sono finito sul baratro finanziario, perdendo oltre un milione di euro. Ho dilapidato tutto”. Le persone alle quali ha scelto di affidarsi non lo hanno indirizzato verso la via più giusta: “Ho dato fiducia a chi non la meritava e ho coinvolto persone molto meno competenti di quello che sembravano. Poi, sono entrato nel settore immobiliare poco prima della grande crisi del 2008. Insomma, la tempesta perfetta”.



L’idea di farla finita, in quegli anni difficili, lo ha sfiorato: “Mi sono fermato poco prima di pensare al gesto estremo, perché ho un amore infinito verso la vita. La gente ormai si è dimenticata della raffica di imprenditori suicidi nel Nordest in quel periodo. Era la vergogna della sconfitta”. A salvare l’ex cestista dal baratro è stata “In primis la mia forza di volontà, anche se non chiedevo ‘aiuto’ facendo finta che andasse tutto bene. Grazie allo sport ho imparato a cadere sconfitto e rialzarmi per vincere la partita successiva. Uno su tutti a darmi una mano è stato mio padre, che ora non c’è più”.