La sua proposta è provocatoria, ma nasce da un paradosso con cui i rianimatori hanno a che fare nel triage. Mario Riccio, primario di terapia intensiva a Casalmaggiore, in provincia di Cremona, ritiene si debba dare priorità ai vaccinati in rianimazione rispetto ai no vax. «La regola è dare la precedenza a chi ha più probabilità di farcela. Ma oggi questo criterio assume risvolti paradossali», ha detto a Repubblica. Ci sono infatti non vaccinati, generalmente giovani, che hanno più chance di farcela rispetto ad alcuni vaccinati che hanno età avanzata con due o tre fattori di rischio importanti, per cui si tiene conto di questo quando si deve assegnare un posto in rianimazione, ma per Riccio «sarebbe giusto tener conto anche della vaccinazione».



Per ora le terapie intensive in Italia reggono, rispetto a quanto invece accaduto nei primi mesi della pandemia Covid, ma questo non vuol dire che non bisogna aprire una riflessione secondo Mario Riccio. «Molti dei pazienti che curiamo nei nostri reparti sono piuttosto giovani, hanno passato il primo anno di pandemia a negare l’esistenza del Covid e il secondo a rifiutare i vaccini». Con loro c’è poi «una parte di vaccinati che ha un’età molto avanzata e due o tre fattori di rischio importanti. Dare la precedenza a chi ha più chance di farcela vuol dire mettere i no vax davanti ai vaccinati».



“VACCINAZIONE TRA CRITERI PER PRIORITÀ CURE”

Mario Riccio, che nel 2006 accompagnò Piergiorgio Welby, malato di Sla, verso la sua fine, ritiene che la vaccinazione sia un dovere etico. «A mio parere dovrebbe essere inserito nei criteri di priorità per le cure», ha detto a Repubblica. Il tema è a dir poco controverso. «Da una parte c’è una persona che rispetta le regole del vivere sociale, dall’altro una che, dopo un anno, ha dimostrato di essere resistente a ogni esortazione. Chi arriva in terapia intensiva oggi è molto spesso perché lo ha voluto, non vaccinandosi». Visto che per i trapianti si seguono regole precise, per il primario bisognerebbe fissarne anche per il Covid. Cita anche il caso di Mauro di Mantova, il radioascoltatore morto dopo aver rifiutato il vaccino e l’esistenza del Covid. «Probabilmente ha anche impedito di operarsi a un’altra persona che ne aveva l’urgenza».



“A PARTE FRAGILI, DI COVID MUORE CHI LO VUOLE”

C’è poi chi è costretto al ricovero, ma rifiuta le cure. La Siaarti (Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva) il 31 dicembre ha realizzato un documento in cui suggerisce di spiegare con insistenza e ripetutamente l’utilità delle cure ai no vax che, ad esempio, si oppongono all’intubazione. Riccio però avrebbe preferito un approccio opposto. «Ad aspettare, mentre io cerco di insistere in modo ripetuto di fronte a una persona che per un anno non si è voluta vaccinare, c’è magari un altro paziente che invece desidererebbe molto essere salvato e al quale sto sottraendo un’opportunità di cura».

Il rischio di prendere decisioni arbitrarie non si pone per Mario Riccio, per il quale «lo zoccolo duro dei no vax assomiglia piuttosto a una setta religiosa». A Repubblica ha espresso la stanchezza dei medici e ricordato che i vaccini sono come casco e cintura di sicurezza, «non annullano i morti per incidente, ma ne abbattono i numeri». Quindi, se una persona decide di non proteggersi, per Riccio bisogna «cercare di aiutare di più chi invece vorrebbe vivere. Di Covid ormai, a parte le persone molto fragili, muore chi decide di farlo».