Il quotidiano tedesco Der Spiegel, sottolinea come le ricerche scientifiche sui farmaci, starebbero penalizzando le minoranze. Il giornale cita il caso di una possibile cura per l’Alzheimer tramite il lecanemab e il donanemab, nuovi farmaci che hanno lo scopo di rallentare la progressione della demenza, che si basano su anticorpi monoclonali. Purtroppo, dei possibili sviluppi positivi di questo studio, non beneficeranno tutti allo stesso modo, in quanto le società minoritarie sarebbero in qualche modo escluse dalla ricerca, a cominciare dalle persone che non sono di etnia bianca. Un caso non da poco tenendo conto che negli Stati Uniti, una società tipicamente multirazziale, coloro che sviluppano la demenza da Alzheimer sono il doppio che ad esempio della Germania, di cui molte ovviamente di colore, nere o ispaniche.
Il Der Spiegel ricorda come lo studio sui farmaci di cui sopra abbia riguardato solamente 19 persone di colore su un totale di 1.700 pazienti. “Studi epidemiologici hanno dimostrato che il rischio di sviluppare demenza è maggiore nei gruppi emarginati”, afferma Gil Rabinovici, direttore del Centro di ricerca sull’Alzheimer dell’Università della California, San Francisco.
RICERCHE SCIENTIFICHE ESCLUDONO MINORANZE ETNICHE: IL CASO CONTROCORRENTE DEL DR. RABINOVICI
E’ fondamentale quindi che la ricerca farmaceutica e le autorità invertano immediatamente questa tendenza, visto che gli studi devono riflettere meglio la popolazione nella sua diversità, un dovere quindi etico e nel contempo scientifico. Fra coloro che stanno lottando contro questa prassi, c’è proprio il dottor Rabinovici, esperto nei metodi di imaging utilizzati nella ricerca sull’Alzheimer, che nel suo team ha due ricercatori incaricati del “reclutamento diversificato”, di modo da includere appunto nelle sue ricerche tutti i gruppi possibili, minoranze comprese.
“Sono orgoglioso di dire che il 45 per cento dei partecipanti al mio nuovo studio sono neri o latini – ha detto Rabinovici – è importante sottolinearlo, l’etnicità è un costrutto sociale”. In Germania, la ricercatrice Theda Borde guida il progetto Alleanza per le pari opportunità nella sanità. Ha dimostrato che i fattori socioculturali possono decidere come percepire la sofferenza e descriverla, tutte info importanti per i medici che poi devono fare la diagnosi.