Nel positivo dato diffuso ieri dall’Unità di informazione finanziaria per l’Italia (Uif) si cela una verità che il nostro Paese sembra costretto ad affrontare, ogni anno, senza alcuna chance di vittoria. A considerare questa realtà quale nefasta verità è necessario ammettere, inoltre, come tale rilievo vada ad affiancare un già presente e ancor più marcato fardello che sempre la penisola tricolore incarna, purtroppo, quale vincente primato da pavoneggiare ai quattro venti.
Come detto, nella giornata di ieri, è toccato all’Uif esporre il proprio bilancio operativo attraverso il Rapporto Annuale 2023 che, fin dalle prime parole del Direttore, Enzo Serata, ha evidenziato un passo in avanti rispetto al passato: «Lo scorso anno la Uif ha ricevuto oltre 150.000 segnalazioni di operazioni sospette (Sos). La riduzione del 3% rispetto al 2022 è conseguenza del minore afflusso di segnalazioni da parte degli intermediari bancari e finanziari. Di converso è aumentato l’apporto dei soggetti obbligati non finanziari, tra i quali restano prevalenti i prestatori dei servizi di gioco e i notai».
Nello specifico, consultando i dati, le 150.418 segnalazioni dello scorso anno hanno effettivamente distanziato le precedenti 155.426 marcando, inoltre, una netta differenza soprattutto in capo alla Pubblica amministrazione: su quest’ultima, infatti, il dato del 2022 era pari a 179, mentre, oggi, l’evidenza che si può riscontrare al termine del 2023 vede un significativo incremento (+131,3%) a quota 414.
Soffermando l’attenzione agli strumenti che per loro stessa natura hanno favorito le verifiche ispettive e le accessorie e conseguenti segnalazione di operazioni sospette, sempre il Direttore Serata, ha evidenziato come vi sia una «operatività in settori innovativi e a elevato rischio, quali il crowdfunding, la compravendita di crediti fiscali tramite piattaforme digitali e il ricorso a servizi di Iban virtuali». Inoltre, rimanendo nella cosiddetta attività di accertamento, sono anche emersi i rischi associati «all’acquisto di voucher per la distribuzione di moneta elettronica, la ricarica di conti di gioco o la prestazione di servizi in attività virtuali senza l’identificazione dei relativi acquirenti».
Guardando, invece, ai “Profili di rischio”, a primeggiare possiamo certamente individuare l’ormai non più neonato, ostico e infinito mondo crypto, infatti: «Sono in forte aumento negli ultimi anni le frodi agevolate dall’utilizzo di strumenti informatici» e «l’acquisto di crypto-assets continua a rappresentare un utilizzo frequente di fondi derivanti da attività illecite di varia natura. Nelle analisi più recenti relative a truffe nel trading online o di tipo piramidale, i flussi finanziari risultano talvolta raccolti tramite trasferimenti diretti di criptoattività, senza il previo transito dei fondi su rapporti tradizionali, rendendo più difficile l’individuazione degli illeciti e della loro estensione».
Preso atto del come e del cosa, le “Prospettive” citate nel corso della presentazione risultano decisamente scontate: «Dopo anni di forte evoluzione il sistema antiriciclaggio italiano si è consolidato e ha conseguito importanti traguardi. Tuttavia il riciclaggio trova sempre nuove strade e sfrutta i punti di debolezza del sistema; la frontiera tecnologica avanza rapidamente». Sforzandoci nell’osservare questa realtà presente oggi e futura già da domani, appare opportuno quantificare il suo impatto complessivo sulle nostre finanze pubbliche.
La risposta, immediata, sempre dal Direttore Serata: «Una ricerca di prossima pubblicazione, basata sui dati delle segnalazioni di operazioni sospette di banche e Poste, stima la dimensione del riciclaggio in almeno l’1,5-2% del Pil italiano in media nel periodo 2018-2022. È una dimensione rilevante, che ci motiva ad accrescere il nostro impegno nell’attività di prevenzione» (fonte Radiocor).
Ecco, quindi, svelata la verità scomoda che, se contestualizzata al nostro Pil ai prezzi di mercato (2.085.376 milioni al 2023) mostrerebbe un ammontare compreso tra i 31,3 e i 41,7 miliardi di euro quale cifra potenzialmente ascrivibile alla “voce riciclaggio” nel nostro Paese. Pur volendo estraniarsi da questa dura e cruda realtà, l’evidenza, ci porta a un richiamo verosimilmente diretto: quello, ancora più pesante, riconducibile all’economia non osservata e all’evasione fiscale e contributiva. Riprendendo solamente queste ultime, in base alla relazione aggiornata e diffusa a inizio anno, il saldo risulta pari a 83,6 miliardi di euro (rif. anno 2021) ovvero un 4% annuo quale incidenza sul Pil italiano. Considerati questi valori in gioco, il tris composto da riciclaggio, evasione fiscale ed evasione contributiva, risulta vincente nei confronti di qualsiasi mano giocata dal Paese Italia e dal suo principale giocatore. Il Governo. Qualsiasi Governo.
Appare evidente come l’intero fenomeno preso in esame rappresenti una tara fin troppo eccessiva per chiunque voglia capitanare lo stivale italico. La crescita italiana sarà penalizzata, i Governi si alterneranno e la posta in gioco non muterà.
È vero, la regola era evidente e ben nota fin dall’inizio. Il banco vince sempre. A noi, però, interessa chi, invece, perderà la partita. E questa è l’Italia. Solo e tutta l’Italia.
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