C’è un incendio molto lontano da quello che sta devastando l’Amazzonia, per la quale ieri sono scesi in piazza anche decine di migliaia di studenti italiani. Le fiamme di quello che si profila come uno dei più gravi scandali finanziari della storia stanno infatti divampando attorno alle foreste che contornano le coste baltiche: anche quelle della Svezia, dov’è nata Greta Thunberg. Secondo la quale i Ricchi & Potenti del mondo hanno anzitutto “rubato”. Ma i “ladri di clima” sarebbero anzitutto il presidente Usa Donald Trump o quello brasiliano Jair Bolsonaro. Nessun banchiere nel Nord Europa. Nessun oligarca russo. Nessun tecnocrate cinese. Nessun gestore di fondo sovrano mediorientale. Nessun ex cancelliere tedesco al soldo da 14 anni della russa Gazprom per lo sviluppo dell’oleodotto (baltico) Nord Stream. Fatto per muovere gas ma anche capitali neri.



Le indagini della Sec su un “maxi-schema” di riciclaggio stimato finora in 200 miliardi di euro – principalmente in arrivo da Russia e altri Paesi ex sovietici – è coinvolta anche la Swedbank: la più antica banca commerciale di Stoccolma. Tuttavia la Sfa svedese non ha rispettato la scadenza prefissata in agosto per la pubblicazione del rapporto sulle indagini nazionali: niente conclusioni almeno fino all’anno prossimo. Quello che sembrava un falò da soffocare con calma, sta infatti assumendo proporzioni esplosive a livello globale: anche se i media sembrano infinitamente più interessati al “fuoco verde” di cui arde la giovane attivista scandinava.



Dopo la scoperta del cadavere del banchiere estone che ha gestito la filiale di Tallin della danese Danske Bank, l’incendio ha lambito nuovamente la Germania (la sede di Francoforte della Deutsche Bank è stata una volta di più perquisita) e ha acceso un focolaio di grosse proporzioni in Olanda. Abn Amro, storico colosso internazionale con base ad Amsterdam, ha confermato di essere sotto indagine per riciclaggio: il titolo ha perso il 10% in Borsa in una sola seduta. L’altro colosso olandese Ing ha già patteggiato un anno fa una maxi-multa di 675 milioni di euro: naturalmente su imputazioni provenienti dalle autorità Usa (tutte le autorità Ue hanno finora tenuto un atteggiamento ai limiti dell’insabbiamento). Un effetto grottesco della notizia su Abn ha visto l’affannata autodifesa da parte di Chris Volgezang: il top manager del gruppo olandese chiamato appena quattro mesi fa al vertice di Danske, come commissario “ripulitore” di una conduttura primaria del grande riciclaggio.



l’Italia, intanto, è alle prese con le scadenze riguardanti la riprivatizzazione di Mps, per il cui salvataggio il governo Renzi dovette stanziare 5 miliardi pubblici, sotto lo sguardo occhiuto della commissaria danese all’Antitrust, Margrethe Vestager. È una delle eredità più pesanti lasciate dal passaggio in Italia della stessa Abn. Nel 2005 – al termine dell’estate delle Opa – il gruppo Amsterdam si vide assegnare la quota di controllo di Antonveneta direttamente dalla Procura di Milano: anche per le pressioni dell’Antitrust Ue guidato dal controverso commissario olandese Neelie Kroes. A dispetto della crociata della City e della Ue – che costò il posto al governatore italiano Antonio Fazio – Abn era già in crisi per i forti rischi assunti nella finanza derivata e l’acquisizione di Antonveneta diede il colpo di grazia.

Nel 2007 un maxi-salvataggio “per carta” da 74 miliardi fu mascherato da una gigantesca Opa, l’ultimo urrà della City prima del 2008. I padroni di Abn diventarono la connazionale Ing, la britannica Royal Bank of Scotland e lo spagnolo Santander. Dopo il crac Lehman le prime due fallirono (Rbs è tuttora controllato dallo Stato). Ing e Abn furono pure nazionalizzate: la seconda è tuttora sotto controllo governativo ma è stata riquotata in Borsa tre anni fa. Santander fu invece lesto a rivendere Antonveneta in Italia: a Mps per la cifra-monstre di 9,3 miliardi. Antonveneta fu quindi fatale anche a Rocca Salimbeni, mentre in Olanda i flussi di (profittevolissimo) riciclaggio resistono a una livello stimato nel 2% del Pil all’anno (13 miliardi di euro).

Nonostante la fama finanziaria dei “carrettieri del mare” olandesi (integrati da secoli nella Baltic-connection che collega tuttora Londra con San Pietroburgo), il primo presidente della Bce, Wim Duisenberg, è stato un ex governatore della Banca d’Olanda. E chi sono oggi i tre “vicepresidenti esecutivi” di cui si è circondata la nuova presidente tedesca della Ue, Ursula von der Leyen? L’olandese Frans Timmermans, la danese Vestager, il lettone Valdis Dombrovskis.