L’ex portiere Albertosi e gli scandali del passato: “Mai nascosto niente, a differenza di altri…”

Ricky Albertosi ha scritto una pagina importante del calcio italiano. Si è guadagnato la gloria eterna con il Cagliari e con il Milan, ha difeso la porta della nazionale italiana nella strepitosa finale contro il Brasile ai Mondiali del 1970. Un personaggio controverso, sicuramente fuori dagli schemi e lontano dalle banalità. In una intervista rilasciata al Corriere della Sera, l’ex portiere ha offerto alcune chicche e rivelato retroscena curiosi legati alla sua lunga carriera calciatore, raccontando appunto la passione per il pallone, per le sigarette, le donne, i cavalli e il calcio-scommesse.



L’ottantatreenne non ha mai fatto mistero di aver avuto dei vizi nel corso della sua vita, anzi sembra rivendicare con orgoglio il fatto di essere sempre rimasto se stesso. “Perché io sono sempre stato così, non ho mai nascosto niente. A differenza di altri facevo tutto alla luce del sole e in campo alla domenica facevo il mio dovere”, ha tuonato Ricky Albertosi. Un ricordo, doloroso, va alla Nord Corea e a quella maledetta partita del 1966: “Fu una partita incredibile, nella quale ci bastava il pari: non abbiamo sottovalutato la Corea, ma abbiamo sbagliato dieci gol”.



Ricky Albertosi, il buco nero del calcio-scommesse: “Finii in carcere quindici giorni”

Nel 1970, invece, Ricky Albertosi subì un gol da Pelé, che lo superò con un bel colpo di testa. A distanza di anni il portiere sottolinea il malinteso con il compagno di reparto Burgnich: “Lui saltava benissimo e quando l’ho visto scendere ho pensato che Pelé non l’avrebbe più colpita. Invece è rimasto in sospensione, ha dato forza al pallone e l’ha messo sul primo palo, dove un portiere raramente deve prendere gol: ho peccato di troppa fiducia in Burgnich”.

Albertosi, come i ben informati ricordano, ha dovuto fare i conti con il carcere, dopo essere precipitato nel pozzo nero del calcioscommesse. “Ma restai in carcere solo una quindicina di giorni”, la precisazione del portierone, che di quell’esperienza ricorda soprattutto gli aspetti positivi. “Mangiai dei bucatini all’amatriciana deliziosi. Tutto vero perché c’era un carcerato che li cucinava benissimo. Eravamo rinchiusi, ma liberi e in giro tutto il giorno”, ha raccontato Albertosi.