Ne ha letteralmente per tutti Luca Ricolfi, il sociologo di sinistra con la visione più lucida e liberista di tanti altri pensatori (e presunti esperti) del centrodestra: dopo aver ribadito più volte durante la crisi da coronavirus (e anche prima) che questo Governo aiuta la società parassita di massa, dopo aver allertato i rischi di uno Stato sempre più “statalista-accentratore”, ora dalle parole iniziano ad arrivare i fatti. La rabbia sociale inizia a correre e i gilet arancioni possono essere solo che l’inizio: così a Libero Quotidiano il sociologo e politologo Luca Ricolfi in maniera schietta attacca a destra quanto a sinistra provando a “gridare” quale possa essere l’unica ricetta possibile per uscire dalla crisi, piano ultraliberista con defiscalizzazione selvaggia che imponga lo stop a tutta la burocrazia e un’imposta societaria non oltre il 12,5% (il modello Irlanda tanto per intenderci).



«La cultura politica dell’Italia era già da avvocati prima: attenzione ossessiva alle procedure e pochissima concretezza. Non so se Conte abbia peggiorato la situazione, certo non è la persona giusta per imprimere una svolta. Dipendesse da me, vedrei bene a capo del governo un contadino che ha fatto il classico», è il “biglietto da visita” di Ricolfi nella lunga e interessante intervista a Pietro Senaldi. Non convinceva il Governo gialloverde («Salvini ha un bel dire che è stato costretto a digerire il reddito di cittadinanza, visto che quota 100 è stata la sua bandiera») ma tantomeno quello attuale, «M5s sparirà? Se l’ alternativa sono le forze attualmente in campo, forse il Movimento può pensare di sopravvivere a tutte le sciocchezze che ci infligge».



LUCA RICOLFI CONTRO SALVINI, REGIONI, CONTE E IL GOVERNO

Crudissimo sul Governo giallorosso ma altrettanto sul Centrodestra in cui intravede però una “via d’uscita”: «Penso che il calo di Salvini sia difficilmente reversibile, perché ha dimostrato di non avere né il linguaggio né l’organizzazione mentale necessari al ruolo di premier», spiega Ricolfi sottolineando però come Giorgia Meloni sia il vero “asso nella manica”, «Io la vedevo veleggiare verso il 20% già quando era ancora sotto il 10%. La Meloni è una politica di razza, se fosse un uomo sarebbe già da un pezzo alla guida del centro-destra». Ed ecco ritornare il tema dei temi, l’impianto di società che in Italia si sta sempre più avanzando da trent’anni a questa parte (ovvero dopo Tangentopoli): «la società parassita di massa che ci stanno accuratamente predisponendo. Quando la base industriale del Paese si sarà ridotta del 20-25%, la domanda di sussidi e di assistenza del Sud non potrà che esplodere, accentuando il modello “sussidi + lavoro nero” già molto diffuso oggi».



Sulla gestione dell’emergenza sanitaria poi Ricolfi non si tira certo indietro nell’individuare le gravi responsabilità della politica: «ha deciso di costituire comitati tecnico-scientifici scegliendo in base al livello della carica ricoperta (manager e burocrati della sanità) e non in base alla competenza; se avessero fatto gestire l’epidemia ad Andrea Crisanti, la chiusura totale sarebbe partita due settimane prima, il modello veneto (tamponi di massa) sarebbe stato incoraggiato anziché stigmatizzato, e avremmo avuto (almeno) diecimila morti in meno». I veri problemi evidenziati da Ricolfi sono stati i due mesi di assoluta «ostilità ai tamponi di massa, un ritardo incredibile nell’indagine sierologica nazionale e nel tracciamento, le oscillazioni sull’utilità delle mascherine».

Ricolfi salva il Veneto di Zaia ma boccia la Lombardia di Fontanaerrori enormi, a partire dallo scoraggiamento dei tamponi e dalle scelte in materia di assistenza domiciliare») ma in generale evidenzia come l’intera politica, sia locale che nazionale, si deve porre un unico obiettivo, ovvero il scongiurare la rabbia sociale che esploderà se l’Italia fallirà. «Quando la paura sparirà, o ci saremo abituati a tollerarla, molti si troveranno senza lavoro, con poco reddito, bassi consumi, molta disperazione», spiega Ricolfi invocando la ricetta irlandese e magari il ritorno alle urne «così almeno potremo incolpare noi stessi quando sceglieremo l’ ennesimo governo di mediocri. Governo di sinistra? Più che ricette di sinistra, il governo sta usando ricette irresponsabili».