L’Occidente dopo la pandemia Covid rischia di diventare un gigantesco luna-park in cui il duro lavoro viene affidato agli immigrati. A scattare la fotografia è Luca Ricolfi, noto sociologo e docente di Analisi dei dati, nonché presidente e responsabile scientifico della Fondazione David Hume. Nell’intervista rilasciata all’HuffPost ha spiegato che il mondo, ferito dalla pandemia, non ha saputo riflettere e imparare da un’esperienza così drammatica. Anziché costruire un futuro diverso, stiamo cercando di tornare indietro ad un modello che non stava funzionando. «Su tutto domina la volontà di rilanciare il modello di vita precedente. (..) Vogliamo essere come prima. Anzi più di prima». Per Ricolfi non è frenesia frutto dell’anno e mezzo vissuto. Fanno eccezione i paesi del Pacifico: Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Hong Kong, Australia e Nuova Zelanda. «Lì la lezione del Covid ha lasciato tracce importanti, in parte durature: chiusura delle frontiere, riduzione della mobilità interna, limitazioni della privacy. Sono società capaci di imparare dall’esperienza, non completamente abbarbicate al proprio modello di sviluppo e ai propri stili di vita». L’altra eccezione è rappresentata dai paesi scandinavi che potrebbero non evolvere verso un modello iper-consumistico e turismo-centrico tipico dell’Europa e del Nord America.
LA VARIANTE DELTA E I RITARDI IN ITALIA
Luca Ricolfi rimprovera poi al premier Mario Draghi la mancanza di coraggio per dire agli italiani la verità, cioè che non possiamo permetterci di seppellire la civiltà del lavoro. «Quando i mercati finanziari rialzeranno la testa, nemmeno super-Mario basterà a evitarci una nuova crisi», afferma all’HuffPost. Il suo timore è che, dunque, Draghi non riformerà l’Italia, ma si assicurerà solo che i soldi in arrivo dall’Europa verranno spesi bene. Intanto la situazione sanitaria non è rosea, anche se il fatto che i decessi siano diminuiti, grazie soprattutto alla campagna vaccinale, è positivo. «I ricoverati in terapia intensiva del mese di giugno 2021 sono stati il doppio di quelli di giugno 2020. E il quoziente di positività, oggi, è il quadruplo di quello di un anno fa». Il Ministero della Salute e il governo stanno facendo poco per contrastare questa situazione, a parte spingere sulla campagna vaccinale. «Da un paio di settimane si parla di variante indiana (o variante delta), ma per accorgersi che la variante stava penetrando rapidamente in Italia c’è voluta un’analisi del Financial Times, di cui le nostre autorità sanitarie (e i nostri giornali) si sono accorti con imperdonabile ritardo».
IL CONFRONTO TRA DRAGHI E CONTE
Quando gli viene chiesto di mettere a confronto Draghi con l’ex premier Giuseppe Conte, Ricolfi spiega che non c’è partita dal punto di vista economico. «Il governo Conte ha guidato con destrezza e coerenza la trasformazione dell’Italia in una società parassita di massa, con pochi lavoratori veri e un esercito di sussidiati». Dal punto di vista sanitario, invece, c’è continuità, a parte una differenza nel linguaggio. «Quel che mi preoccupa di più non è il fatto che Draghi stia facendo le stesse cose di Conte, ma il fatto che, esattamente come Conte, non stia facendo nulla, o quasi nulla, di ciò che andrebbe fatto se vogliamo evitare che la stagione fredda ci trovi ancora una volta impreparati». Invece andrebbero triplicati i tamponi, installati impianti di purificazione dell’aria nelle strutture scolastiche, rafforzare il sistema dei trasporti, riorganizzare la medicina territoriale anche in vista delle nuove vaccinazioni. «Quel che è diverso è soltanto che Conte stava fermo perché credeva che l’epidemia fosse in ritirata, mentre Draghi sta fermo perché crede che i vaccini gli toglieranno le castagne dal fuoco». Ma ci ritroviamo con un braccio di ferro: «La campagna vaccinale frena la circolazione del virus, la nascita di nuove varianti la accelera». Se però la partita tra vaccini e varianti finisse in pareggio, «se le due forze si dovessero elidere a vicenda, allora saremmo fritti». Dunque, potremo ritrovarci con meno morti grazie ai vaccini, ma con più casi a causa delle varianti. E se molto non si può fare è anche colpa nostra: «I limiti che la cultura e la mentalità degli italiani pongono all’azione della politica sono piuttosto stretti».