Ho perso oggi un amico, un fratello, un padre, ma il dono della lunga esperienza di compagnia che il Signore mi ha donato rimane come un talento da trafficare nella mia vita.
Ho incontrato Marco Barbetta nel lontano ottobre del 1967, quando entrò come vocazione adulta in seminario e ho vissuto con lui un’amicizia via via più profonda, dapprima nella vita comune del primo anno a Saronno e in seguito per altri quattro anni nel seminario di Venegono fino all’ordinazione sacerdotale. Aveva dieci anni più di me e dopo l’ordinazione, anche se le nostre vie sono state diverse, grazie al comune incontro con don Giussani e con il movimento di Cl, siamo rimasti sempre legati.
Insieme, con un folto gruppo di nostri compagni di seminario e altri amici preti, abbiamo iniziato l’esperienza della fraternità sacerdotale “Card. Schuster”, un aiuto a vivere la nostra vocazione sacerdotale e l’immanenza fedele al servizio della Chiesa ambrosiana. Don Marco mi ha insegnato l’amore a Cristo e alla Chiesa, l’obbedienza al Vescovo e l’appartenenza concreta alle comunità, cui sono stato destinato.
Prima di entrare in seminario era stato presidente diocesano della Giac, la Gioventù di Azione Cattolica, di cui anch’io facevo parte (conservo una tessera firmata da lui come presidente diocesano e da Vittorio Bachelet come presidente nazionale di Ac). Dopo la laurea aveva lavorato come assistente di chimica al Politecnico e quindi conosceva molto bene la vita dell’università.
Negli anni del seminario e nei primi anni di sacerdozio insegnò matematica nel collegio di Tradate. Diventato poi parroco a Milano nella parrocchia di San Pio X, che si affaccia sulla piazza di Città Studi che lui amava chiamare “il crocevia”, è stato punto di riferimento per tante generazioni di universitari, padre e amico di tantissimi giovani.
Negli incontri quindicinali della nostra fraternità sacerdotale interveniva sempre con poche preziose parole, esprimendo sempre un giudizio di fede che andava al cuore dell’esperienza cristiana, così come il carisma di don Giussani ci ha comunicato: la fede è l’avvenimento di un incontro profondamente umano che diventa tramite dell’incontro con Cristo. Lì si radica la comunione ecclesiale, segno per tutti della grande Presenza. Diceva spesso che incontrando i giovani riconosceva in loro o la presenza di una storia e di una appartenenza, che in qualche modo li aveva positivamente segnati, oppure lo smarrimento di una vita senza radici. Li accompagnava tutti e si adoperava affinché trovassero rapporti significativi per un aiuto a verificare la pertinenza della fede alle esigenze della vita.
E poi le famiglie giovani: quanti hanno seguito i suoi corsi di preparazione al matrimonio e, iniziando a vivere la loro vocazione, sono stati paternamente accompagnati dentro le vicende della loro famiglia.
Un aspetto meno conosciuto del suo servizio sacerdotale, ma importantissimo per la nostra e per altre diocesi, è stato anche l’accompagnamento al sacerdozio di tanti giovani, spesso universitari o già laureati, e la sua fedeltà per diversi anni al compito di padre spirituale della Fraternità Sacerdotale San Carlo, compito affidatogli da mons. Massimo Camisasca.
Ci siamo visti agli incontri quindicinali della nostra fraternità fino a poche settimane fa prima della sua malattia, sempre fedele e sempre sorridente, capace di comunicare visibilmente la certezza della compagnia del Signore, che ora l’ha certamente accolto nella sua casa.
Grazie don Marco, continua ad accompagnarci dal cielo.