La ricostruzione dell’Ucraina, secondo le ultime previsioni, dovrebbe costare 750 miliardi di dollari e anche l’Italia dovrebbe essere coinvolta nel processo, unitamente alle altre potenze dell’Occidente. Il punto è: chi mette i soldi? UN argomento che è stato approfondito sull’edizione di mercoledì 6 luglio 2022 del quotidiano “La Verità”, per mezzo di un editoriale di Maurizio Belpietro, nel quale si sottolinea come a Lugano i leader politici si siano “spartiti” l’Ucraina. Infatti, l’incontro sulle rive del Ceresio è stato imperniato su come ricostruire le città rase al suolo o quasi dalle bombe sovietiche.
Volodymyr Zelensky, presidente ucraino, ha sottolineato che una parte della cifra potrà essere recuperata impiegando i 300 miliardi di riserve russe congelate all’estero, ma anche se la soluzione da lui prospettata dovesse risultare attuabile, rimarrebbe comunque un gap di 450 miliardi di dollari da colmare e l’impresa non sembra così agevole. Belpietro si chiede: “Se l’area Ue entra in recessione, come a tutti gli effetti sta entrando per il combinato disposto dell’aumento dei prezzi delle materie prime e per il caro energia, come farà a sostenere lo sforzo di rimettere in piedi Kiev e dintorni? La risposta non c’è o perlomeno nel dibattito che si è svolto nel palazzo dei congressi della città ticinese nessuno si è preso la briga di chiarire quali siano le intenzioni”.
RICOSTRUZIONE UCRAINA: ECCO LA SPARTIZIONE DEI TERRITORI
Il premier ucraino, Denys Shmyhal, nel corso della conferenza in landa elvetica ha mostrato una cartina relativa alla spartizione dei territori dell’Ucraina da ricostruire tra le nazioni occidentali, ufficialmente denominata “adozione”. Secondo tale assegnazione, scrive “La Verità”, sarà l’Irlanda del Nord a occuparsi della regione di Rivne, la Germania di quella di Chernihiv, mentre il Canada di quella di Sumy. Turchia e Stati Uniti saranno a Kharkiv, Cechia e Finlandia nel Luhansk, il Belgio nella regione di Mykolaiv, Svezia e Paesi Bassi in quella di Kherson. La Svizzera si occuperà della regione di Odessa (ma la città finirà alla Francia, ndr), la Norvegia della regione di Kirovohrad, l’Austria della regione di Zaporizhzhia e, dulcis in fundo, l’Italia con la Polonia nel Donbass.
Di fatto, analizza Belpietro, “per non finire in mano ai russi, l’Ucraina finirà in mano a chi ricostruirà il Paese, concedendo diritti su materie prime o servizi che sono facilmente intuibili“, ma il punto è che “nel Donbass si muore e le città rase al suolo, prima di essere rifatte, dovranno essere riconquistate. Il che, vista la piega presa dalla guerra nel Sud Est del Paese, è tutt’altro che scontato. Forse è per questo che all’Italia hanno assegnato Donetsk? Per affidarci una mission impossible o per tagliarci fuori dalla ricostruzione?”.