Il Tribunale di Milano, Sezione misure di prevenzione, ha disposto nella giornata di oggi, venerdì 29 maggio, l’amministrazione giudiziaria, ovvero il commissariamento di Uber Italy srl, la filiale italiana del celebre gruppo americano, con l’accusa di caporalato. Nel dettaglio, come riferisce Repubblica.it citando quanto appreso dall’agenzia di stampa Ansa, il riferimento è al presunto sfruttamento dei rider addetti alle consegne di cibo per il servizio Uber Eats, cioè la nota app del servizio collegata al gruppo di noleggio auto. L’indagine su Uber Italia è tuttavia ancora in corso, dunque la misura è ancora in esecuzione da parte del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza, coordinata dal procuratore Alessandra Dolci e dal pm Paolo Storari. L’indagine, come spiega Open, era stata avviata lo scorso luglio dopo alcuni controlli a campione condotti dalla polizia locale di Milano.
RIDER, TRIBUNALE MILANO COMMISSARIA UBER ITALIA PER CAPORALATO
Lo scorso settembre la procura di Milano aveva aperto un fascicolo per indagare sulle condizioni di lavoro dei rider e sulle eventuali violazioni della normativa sulla sicurezza sul lavoro e di eventuali dinamiche di caporalato. Quando si fa riferimento al caporalato, in questo caso si indaga non solo sui committenti ma anche tra ciclofattorini. Proprio ad Open alcuni rider avevano reso la loro testimonianza importante. Alcuni cittadini in regola e con i documenti sono soliti rivendere i propri account a lavoratori senza permesso di soggiorno. I caporali guadagnano una cifra stabilita mensilmente con i lavoratori fantasma, pari a circa 300 euro e che riscuotono direttamente dal lavoro di terze persone. Dal sindacato autonomo Deliverance scrivevano in merito: “Vittime di questa filiera sono gli #invisibili delle aree metropolitane che finiscono per essere impiegati da qualche caporale pur di avere accesso ad un lavoro che sia in grado di dar loro la speranza di raccogliere qualche briciola da un’economia dei servizi digitali che si sta arricchendo sempre di più, giorno dopo giorno, sulle spalle dei lavoratori stessi”.