Rider in subbuglio. Dopo diversi mesi di pressioni per ottenere una regolamentazione del loro lavoro, poche settimane fa, il 4 settembre, è entrato in vigore il decreto legge n. 101/2019 – il cosiddetto decreto crescita – che prevede rilevanti novità per i lavoratori che consegnano beni per conto altrui e per quelli il cui lavoro è organizzato tramite piattaforme digitali.



Il decreto, nel solco delle prime pronunce giurisprudenziali sui ciclofattorini, detta alcune norme in base alle quali al rider che ha una collaborazione esclusivamente personale, continuativa e organizzata dal committente – anche in relazione all’orario e al luogo di lavoro – è riconosciuta una tutela assimilabile a quella dei lavoratori subordinati. Il riconoscimento però non pare automatico, quindi dovrà essere ottenuto per via giudiziale attraverso il ricorso al giudice del lavoro.



Inoltre, il provvedimento riconosce alcune “tutele” per questi lavoratori. Innanzitutto la copertura assicurativa (Inail) contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e, poi, che il compenso potrà essere determinato dalla contrattazione collettiva nel rispetto di due principi: che sia prevalentemente su base oraria, purché il lavoratore accetti almeno una chiamata in quell’arco temporale, e che sia a consegna, purché quest’ultima modalità di calcolo del compenso non prevalga su quella oraria.

L’intervento normativo non soddisfa i lavoratori che lamentano che il meccanismo misto della paga oraria e del cottimo comporterebbe una diminuzione dei loro guadagni e un aumento dei concorrenti (altri lavoratori “assunti”) per distribuire le richieste di consegna nel rispetto dei parametri sul compenso.



A ciò si deve aggiungere che la Procura di Milano ha avviato un’indagine conoscitiva sul lavoro dei rider, sia per capire il fenomeno degli incidenti stradali che li riguarda sia quello del caporalato e del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Su questi due ultimi punti, infatti, l’attenzione è stata posta da alcune inchieste giornalistiche che hanno mostrato come l’attività dei ciclofattorini a volte è svolta da lavoratori privi di documenti e, inoltre, a copertura di consegne di natura illecita.

Non solo il settore è oggetto di attenzione della magistratura, da un lato, e dell’intervento governativo che non accontenta nessuno e pone nuovi ostacoli alle attività lavorative, ma è stata anche annunciata una piattaforma Inps – una piattaforma delle piattaforme digitali – per gestire gli aspetti contributivi e assicurativi dei lavoratori. Una piattaforma a cui, a quanto pare, le diverse piattaforme digitali dovranno obbligatoriamente essere collegate.

Ci stiamo dirigendo verso una compressione delle libertà individuali e una sempre maggior pervasività dei pubblici poteri a discapito, evidentemente, dei lavoratori, delle imprese e dei soggetti privati che dovrebbero agevolarli nel trovare delle regolamentazioni autonome: i sindacati e le associazioni datoriali che continuano a farsi scippare i naturali ambiti di intervento regolativo. Proveremo ad intervistare alcuni di loro.