Emmanuel Macron è stato rieletto, gli europeisti hanno tirato un sospiro di sollievo, ma rispetto a 5 anni fa l’avanzata di Marine Le Pen nelle campagne, nelle periferie e nei ceti a basso reddito si è fatta sentire, eccome. Dal voto delle presidenziali, e in vista delle legislative di giugno, esce una Francia più divisa e forse più arrabbiata.
Per Macron si profila un mandato più difficile? Le forze anti-sistema potrebbero metterlo a dura prova? Ma finché resta sulla scena la Le Pen questo fronte non avrà mai la meglio? Lo abbiamo chiesto a Francesco De Remigis, inviato a Parigi de Il Giornale.
Macron è stato rieletto, che sfide lo attendono sul piano interno? E nella formazione del nuovo governo, che cosa cambierà rispetto al recente passato?
Si parla molto di una premier donna. Sarebbe certamente un segnale. Un nome è atteso a stretto giro, ma potrebbe cambiare di nuovo tutto dopo il voto di giugno, se Macron non dovesse avere una maggioranza parlamentare solida. Deve scongiurare la cosiddetta maledizione del suo secondo mandato, subire una coabitazione a causa del voto, o altri “incidenti” di percorso.
Macron vuole una Francia più inclusiva: la partita dell’immigrazione può essere per lui una trappola?
Perché una trappola? Non credo. Vedremo chi sarà il nuovo ministro o ministra dell’Interno, ma in materia di immigrazione Macron non è stato così tenero come certi politici nostrani hanno provato a far credere. E infatti nella banlieue più povera di Francia, Seine Saint-Denis, c’è stata una protesta di massa al secondo turno, classificandola come il secondo dipartimento che ha votato meno in tutto l’Esagono. E Macron ci era stato. Non hanno scelto né lui né Le Pen, ma l’astensione.
La rabbia dei francesi, che ha covato sotto la cenere di questa campagna elettorale, troverà sbocco? E questo renderà difficile la vita a Macron?
La vita di Macron è quella di un presidente che sa di aver vinto con molti voti di francesi che non si sentono rappresentati dalla sua figura. Una riconciliazione nazionale è stata lanciata come messaggio, vedremo come e se riuscirà ad attuarla. Ha proposto una sorta di “finestra” con i cittadini per avere il polso e ricevere proposte.
La questione sociale diventerà sempre più il vero problema di Macron?
Ha già annunciato un capo del governo affiancato da due ministri itineranti, per così dire. Gireranno di più il Paese e staranno meno a Parigi. Ascolteranno le esigenze dei territori prima di proporre riforme in materia di transizione energetica ed ecologica. Un’idea utile a disinnescare il rischio di nuove proteste come quella dei gilet gialli.
Da Le Pen a Mélenchon e a Zemmour, c’è una grande parte di elettorato francese che è favorevole al ribaltamento del sistema?
Il sistema è crollato per lo sgretolamento di socialisti e neogollisti, non certo per colpa di Le Pen o di Macron. Certo, si parla del proporzionale, almeno una quota, per rappresentare meglio i partiti e quindi i cittadini. Anche Macron è piuttosto favorevole.
La Le Pen può essere considerata il problema della Francia? È lei che ha distrutto ogni ipotesi di alternanza e di bipolarismo? Perché nessuno vuole fare coalizione con lei?
Perché viene da una storia, quella del Front National, che nel 2002 vide arrivare al ballottaggio il padre, Jean-Marie. Allora esisteva un vero, solido, concreto e tangibile fronte repubblicano anti Le Pen; c’era persino chi, come la nota giornalista Anne Sinclair, considerava persino immorale intervistare il fondatore del Front. Oggi non è più così, ma il “marchio” di estrema destra rimane. E Marine ci ha messo del suo ad alimentare certe divisioni. Nonostante abbia provato ad aprire a destra e sinistra, mi pare che siano arrivate poche risposte positive. E con molti giornalisti non ha un rapporto sereno, nonostante i sorrisi.
Il momento internazionale è grave e delicato e la Francia deve far sentire la sua voce, ha detto Macron. Cambierà qualcosa anche nella politica estera, a partire dal ruolo che Parigi intende giocare sulla guerra in Ucraina?
La politica europeista di Macron è nota e sarà rafforzata, anche perché per altri due mesi la Francia guida il Consiglio dell’Ue, dà la linea. Con la Russia proverà a dialogare ancora, ma prima di tutto dovrà dialogare con gli alleati europei, Germania e Italia, per condividere una strategia sulle sanzioni su petrolio e gas. La Francia non subirà la stessa ricaduta negativa che pesa su Roma e Berlino. E Macron non può non tenerne conto. Si sta infatti già lavorando a una solidarietà tra le tre capitali, non solo sulle materie prime, ma anche sull’alimentare: dai cereali ad altri prodotti la volontà di fare squadra c’è. Certo, Macron lavora per una Francia più autosufficiente, tenendo i conti a posto, ma tornando a produrre, seminare, allevare bestiame, in una Francia più solidale verso la propria cittadinanza.
Un libro dei sogni, non credi?
Un programma un po’ idealista, ma realista sotto diversi aspetti. Anche in materie come l’ecologia mi pare che la strada e le ricette siano sul piatto. Vedremo se Macron riuscirà ad attuarle, in che tempi e con quali risultati.
(Marco Tedesco)
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