CAOS SULA RIFORMA CARTABIA (APPENA ENTRATA IN VIGORE): RISCHIO TRE BOSS MAFIA LIBERI

Entrata in vigore da pochi giorni, è già piena polemica sulla riforma Cartabia della giustizia civile e penale: la storia arriva dalla Sicilia dove la Procura di Palermo è stata costretta a chiedere l’inefficacia della misura cautelare per tre “boss” accusati di lesioni aggravate dal metodo mafioso. Il motivo? Manca la querela delle vittime, condizione inderogabile di procedibilità per certi tipi di reati secondo l’ultima riforma Cartabia: tra questi, per l’appunto, le lesioni. Se ad oggi i tre boss accusati fossero in carcere solo per questo reato ecco che sarebbero dovuti essere scarcerati immediatamente: questo non avverrà invece dato che i tre imputati resteranno in misura cautelare per altri reati precedenti.



La vicenda raccontata da “Il Fatto Quotidiano” e TgCom24 riguarda i tre presunti boss del clan Pagliarelli, ovvero Giuseppe Calvaruso, Giovanni Caruso e Silvestre Maniscalco: oltre al reato di lesioni e sequestro di persona – secondo cui la riforma Cartabia richiede la querela come condizione di procedibilità – i tre sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa ed estorsione. Secondo quanto rivelato dalla Procura di Palermo, la vicenda è alquanto intricata: le vittime, interpellate dal giudice come prevede la norma inserita nella riforma del Governo Draghi, non hanno voluto querelare i presunti ‘capimafia’. Gli indagati infatti sarebbero responsabili del sequestro e del pestaggio di due persone ritenute dalla cosca siciliana, «responsabili di una rapina non autorizzata da Cosa nostra», riporta TgCom24.



IRA M5S E ANM SULLA RIFORMA CARTABIA. GOVERNO: “INTERVERREMO”

Il caso di Palermo agita i magistrati e la politica in quanto una parte della riforma Cartabia rischia di portare ad altri casi del genere in futuro: «Le recenti notizie di stampa in ordine alla probabile revoca di misure cautelari per reati diventati procedibili a querela, pur quando sia contestata l’aggravante del metodo mafioso o dell’agevolazione mafiosa, impongono un ripensamento, in tempi rapidi, delle scelte del legislatore», denuncia Giuseppe Santalucia, presidente dell’Anm (Associazione Nazionale Magistrati). Per il ‘sindacato’ dei giudici, con la riforma Cartabia «In presenza di tal tipo di aggravanti anche il reato che, in astratto, può sembrare di non particolare gravità, assume una fisionomia incompatibile con l’affidamento alle singole persone offese della possibilità di perseguirlo in concreto, secondo logiche di deflazione del carico giudiziario che sono accettabili soltanto in riferimento a reati autenticamente bagatellari».



Durissimo il messaggio del Movimento 5Stelle che in un colpo solo attacca sia il Governo Draghi-Cartabia che l’attuale esecutivo in quanto con il Decreto Rave avrebbe potuto correggere le eventuali storture della riforma della giustizia: «Gli effetti della riforma Cartabia che stanno creando un diffuso allarme sociale si inseriscono nel complessivo scenario di smantellamento della giustizia e restaurazione classista delineato dal governo Meloni. Restano impuniti autori di furti, danneggiamenti e altri reati tipicamente rivolti a semplici cittadini. Lo stesso allarme si sta creando a causa di un’altra novità introdotta dalla riforma Cartabia: la rimozione di ogni limite al cosiddetto “patteggiamento” in Appello, grazie alla quale condannati per mafia, terrorismo o violenza sessuale beneficeranno di elevati sconti di pena. Il Movimento 5 Stelle aveva indicato a settembre le necessarie modifiche in sede di parere parlamentare al decreto legislativo che contiene queste norme. Le nostre proposte non vennero prese in considerazione e Fratelli D’Italia che si astenne. Con il decreto Rave il governo Meloni e la sua maggioranza potevano correggere queste storture ma hanno preferito concedere più facilmente benefici penitenziari a corrotti e corruttori, confermando di essere i sovranisti dell’impunità», sostengono in una nota i rappresentanti del M5S nelle commissioni Giustizia della Camera e del Senato (Stefania Ascari, Anna Bilotti, Federico Cafiero De Raho, Valentina D’Orso, Carla Giuliano, Ada Lopreiato, Roberto Scarpinato, assieme alla coordinatrice del comitato Giustizia del Movimento 5 Stelle Giulia Sarti). Sentiti sulla polemica per la riforma Cartabia, il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove (FdI) e la senatrice e responsabile giustizia della Lega, Giulia Bongiorno. Per il n.2 del Guardasigilli Nordio, «interverremo sul tema dei reati non più perseguibili in assenza di querela da parte delle vittime», anche se è evidente, rileva, «che dobbiamo concordare anche con l’Europa perché la riforma della giustizia è collegata al Piano di Ripresa e Resilienza». Per l’ex Ministra Bongiorno invece, «gli effetti positivi di quella riforma arriveranno». Per sostituto procuratore della Capitale, Eugenio Albamonte, in passato già presidente And, «La riforma Cartabia, entrata in vigore da pochi giorni, sta già avendo effetti nel lavoro delle Procure lasciando esposte le vittime, anche quelle che hanno subìto un semplice borseggio. A mio modo di vedere la modifica per alcune fattispecie, prima erano perseguibili d’ufficio e ora solo previa querela come ad esempio il furto aggravato, può avere un impatto anche dal punto di vista sociale», conclude il magistrato all’ANSA. A difesa della riforma Cartabia interviene invece il capo dei pm di Bologna, Giuseppe Amato: «tema inesistente, una polemica di lana caprina, perché i benefici introdotti dalla riforma Cartabia, ampliando la platea dei reati procedibili a querela, sono sicuramente maggiori. Se un turista viene borseggiato e denuncia l’episodio, l’operatore di polizia sa che ora dovrà subito spiegare che è procedibile a querela, che comunque è quasi sempre contestuale. Per quanto riguarda i fascicoli già aperti invece, gli uffici giudiziari dovranno ricontattare le persone offese solo se è pendente una misura cautelare».