Csm, Procure, nomine e lunghezza dei processi: una riforma della giustizia in Italia non solo è necessaria, ma è estremamente urgente ora anche per effetto del Recovery Plan. Come ha infatti ribadito la Ministra Marta Cartabia nell’incontrare i partiti per esporre la sua proposta di maxi-riforma, «Sulla durata dei processi il governo si gioca tutto il Recovery. Non solo solo i 2,7 miliardi del Pnrr destinati alla giustizia, ma i 191 miliardi destinati a tutta la rinascita economica e sociale italiana». Ebbene, da quanto emerso finora, l’orientamento della ex Presidente della Consulta si avvicina molto di più alla Legge Pecorella (Governo Berlusconi) che non all’impianto di base delle riforme volute dal suo predecessore Alfonso Bonafede: qui sul nostro quotidiano ieri Gaetano Pecorella ha riconosciuto “la paternità” di molti dei passaggi inseriti nella riforma Cartabia, lodandone l’impostazione.



«È una riforma costituzionale, quindi richiede i normali due passaggi parlamentari. In sette mesi si costruisce un palazzo di dodici piani: quindi si può fare benissimo», ci spiegava Pecorella che oggi aggiunge su Huffington Post «stop all’Appello per le Procure. La mia legge lo prevedeva, oggi le toghe sono meno forti di allora», ricordando la bocciatura proprio in sede Consulta della “sua” Legge. Secondo quanto raccolto finora dai media sui punti cardine della nuova Legge Cartabia, tre sarebbero gli snodi centrali: l’impossibilità del pubblico ministero di appellare le sentenze di primo grado (sia di condanna o assoluzione); la modifica della prescrizione da attuare seguendo due possibili strade, che andrebbero a superare la legge Bonafede; infine, un incentivo al ricorso ai riti alternativi (come la sostituzione del carcere con una misura alternativa per chi patteggia pene fino a quattro anni).



LO SCONTRO NELLA MAGGIORANZA SULLA GIUSTIZIA

Marta Cartabia da un lato si appresta a cancellare la prescrizione “senza tempo” voluta dal M5s e dai due Governi Conte, dall’altro corregge il tiro alla legge Pecorella, varata nel 2006: in caso di assoluzione il pm non può presentare appello, a cui va aggiunto il passaggio “nuovo” di limitazioni anche per il difensore, riducendo il campo dell’appello con l’introduzione di vincoli e filtri. In attesa di capire come realmente sarà strutturata la riforma Cartabia, già la maggioranza è in subbuglio: dopo il caos nel Csm – Palamara e “Loggia Ungheria” – la necessità di una riforma è d’obbligo, ma il Movimento 5 Stelle non ci sta a vedere di fatto “cancellato” gran parte del lavoro di Bonafede. «Rispettiamo il lavoro della commissione per le riforme istituita dalla ministra Cartabia, ma la nostra sensibilità in tema di prescrizione e di processo penale è molto diversa», ha commentato il deputato e membro della commissione Giustizia, Vittorio Ferraresi. Di contro, i responsabili giustizia del Centrodestra di Governo (Sisto-FI e Bongiorno-Lega) lodano l’intervento di Cartabia verso una riforma sempre più garantista, piuttosto che giustizialista “alla Di Maio & Bonafede”. Per questo motivo dalle frange M5s-Pd (l’area più di Boccia ed Emiliano, per intenderci) si punta a far passare prima la riforma sul processo civile per allungare i tempi per discutere l’elemento “penale” della maxi riforma: tradotto, difficilmente si arriverà ad un accordo e su questo pare che anche Salvini abbia il medesimo giudizio quando si affida alla raccolta firme con i Radicali per una riforma della giustizia, «Con Pd e M5S nessuna riforma in questo Parlamento» ha detto chiaramente il leader della Lega.

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