Continua a far discutere la riforma del catasto inserita nella legge delega sulla riforma del fisco. Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, non perde occasione per ribadire che la revisione del catasto “non è una patrimoniale, non ci sarà un aumento del carico fiscale sulle case degli italiani” e preferisce parlare di “operazione di trasparenza: dura 5 anni e sulle tasse una decisione ci sarà nel 2026”.



Ma è questa la strada giusta? Ed è questo il momento giusto per proporla? “Difficile prevederlo ora – risponde Nicola Rossi, professore di Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata e grande esperto di materie fiscali -. E’ evidente che la revisione degli estimi catastali era uno dei problemi aperti da tantissimo tempo. Su questo non si discute. E’ giusto però notare che, mentre le commissioni Finanze di Camera e Senato non avevano trattato il problema, il governo ha invece deciso di affrontarlo”.



E ha intenzione di farlo con una “delega molto generale”, come l’ha definita Draghi. Può nascondere delle insidie?

Secondo me, sì. La genericità spesso consente di superare degli ostacoli, ma quando è eccessiva crea a volte degli ostacoli che potrebbero non esserci.

Draghi ha dichiarato: “ci impegniamo a non cambiare assolutamente il carico fiscale del catasto. Nessuno pagherà di più, nessuno pagherà di meno”. Come è possibile?

Draghi ha detto la verità. Nella delega è previsto che la revisione dei valori catastali non venga utilizzata per definire la base imponibile delle imposte a base catastale. E’ un esercizio puramente statistico. La domanda è semmai un’altra.



Quale?

Perché mai un esercizio puramente statistico ha bisogno di una norma nel disegno di legge delega per la riforma del fisco?

La sua risposta?

Presumibilmente a partire dal 1° gennaio 2026 a questo esercizio si vuole dare una valenza diversa.

Lo stesso Draghi ha ammesso che “una decisione è costituire una base di decisione adeguata, e ci vorranno cinque anni. La seconda decisione è cambiare le tasse. Noi la seconda decisione non l’abbiamo presa. Solo nel 2026 se ne riparlerà”. Lei cosa prevede?

Difficile dirlo adesso, perché i decreti delegati andranno scritti nei prossimi 18 mesi e presumibilmente non verranno scritti prima dell’inizio dell’anno prossimo. Lei sa quale sarà il governo allora in carica? Potrebbe essere questo, ma potrebbe essere un altro uscito dalle elezioni. E potrebbe essere di un colore o di un altro. In questo caso la genericità ha generato una considerevole dose di incertezza.

C’è il rischio di una patrimoniale occulta?

La patrimoniale qui, se c’è, è tutt’altro che occulta. Se la revisione degli estimi catastali dovesse portare a una revisione anche della tassazione, la patrimoniale sarebbe molto visibile e concreta. Allo stato attuale, la lettera del disegno di legge delega non prevede che questo accada prima del 1° gennaio 2026. Ma naturalmente apre la porta a che questo possa accadere dopo. E mi limito a segnalare che il patrimonio immobiliare in Italia è già tassato ai livelli europei, se non di più, in alcuni casi. Non sarebbe auspicabile né ragionevole.

La revisione dei valori catastali si tradurrebbe infatti in un conseguente aumento dell’Imu, che già costa agli italiani 22 miliardi?

Per alcuni sì, per altri no: in alcuni casi è possibile che la riduzione degli estimi catastali conduca a una riduzione.

E’ vero che la riforma del catasto ce la chiede l’Europa, che è una delle precondizioni per avere i fondi del Recovery e che quindi non possiamo sottrarci a questa richiesta?

Mi ricordavo che l’Europa ci chiedesse una riforma del fisco al cui interno era certamente previsto anche il tema del catasto. Ma credo che la riforma fiscale abbia un rango molto diverso rispetto alle altre riforme che la Ue ci ha chiesto in connessione con i fondi del Recovery. Certo, è un passaggio che ci si aspetta, ma non ha la stessa cogenza di riforme come quella della Pubblica amministrazione o della giustizia civile.

Su quali basi bisognerebbe impostare una riforma del catasto?

Credo che quello che è previsto nella legge delega sia del tutto ragionevole, cioè adeguare gli estimi ai valori di mercato. E’ razionale, anche se non sempre facilissimo. Penso sia giusto, per esempio, che la delega immagini che la revisione debba tenere conto dei vincoli che gravano su alcuni beni di particolare pregio storico-artistico – e segnalo che i vincoli vanno ben oltre ciò che la stessa delega dice. Così come, a mio avviso, sarebbe stato corretto dire che gli immobili di area C, cioè i locali a uso commerciale, o D, gli immobili a fini produttivi o terziari, dovrebbero avere un trattamento ben diverso dagli altri.

(Marco Biscella)

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