Si avvicendano rapide le ipotesi messe in campo del ministro della Sanità Orazio Schillaci sull’enorme riforma dei medici di famiglia che dovrebbe dare nuovo vigore ad un’istituzione che mostra tante (troppe) lacune che sono letteralmente esplose durante il periodo pandemico: ad oggi – va precisato fin da subito – non è ancora chiaro quando l’intero pacchetto normativo dovrebbe entrare effettivamente in vigore, così come non sa neppure quando si riuscirà a mettere effettivamente nero su bianco tutte le ipotesi fino ad ora mosse; ma se c’è una certezza, quella sta nel fatto che le varie formulazioni della riforma dei medici di famiglia sta riscuotendo diverse opposizioni dalle associazioni di categoria e da una parte degli attuali ‘medici di base’, mentre al contempo piace alla prossima generazione di dottori.
Per mettere in fila le tante novità ipotizzate all’interno della riforma dei medici di famiglia è necessario partire dalle (parzialmente) ‘nuove’ Case della Comunità attualmente in costruzione – dovrebbero essere complessivamente 1.350, secondo gli obbiettivi del PNRR – che diventeranno dei veri e propri presidi di assistenza territoriale in collaborazione con gli ambulatori pubblici per garantire copertura al 100% dei comuni: l’idea è che all’interno delle Case siano sempre presenti uno o più medici di famiglia, in modo da garantire un’assistenza costante dal lunedì alla domenica e dalle 8:00 alle 20:00 alla comunità territoriale; il tutto rendendo disponibili in loco anche esami avanzati – come ecografie, elettrocardiogrammi e così via – immediatamente eseguibili.
Tutte le novità della riforma dei medici di famiglia: dalla specializzazione al rapporto subordinato, cosa sappiamo
Proprio attorno alle Case della Comunità ruoterà l’intera rinnovata natura dell’assistenza territoriale visto che secondo la riforma dei medici di famiglia si passerà anche ad un nuovo contratto che supererà l’attuale convenzione tra liberi professionisti e SSN – che permette di prendere in carico assistiti, pur continuando a professare il proprio lavoro privato – per arrivare ad un vero e proprio rapporto lavorativo subordinato: i medici di famiglia, insomma, saranno assunti direttamente dal SSN ed inquadrati con un contratto settimanale da 38 ore di servizio.
Di quelle 38 ore – prevede sempre la riforma dei medici di famiglia -, una parte dovrà essere dedicata all’assistenza diretta ai propri assistiti e la restante alla programmazione territoriale: un medico con 400 pazienti dovrà passare almeno 6 ore a settimana nel suo ambulatorio e le altre 32 nelle già citate Case di Comunità, mentre un collega con più di 1.500 assistiti passerà almeno 24 ore in ambulatorio e 14 al servizio delle comunità; e fermo restando che per ora non è ancora chiaro come e quanto varierà l’attuale retribuzione concessa ai medici di famiglia che attualmente guadagnano tra i 2.700 e i 7.200 euro per un servizio minimo che varia tra 5 e 15 ore settimanali, in base – in entrambi i casi – al numero di pazienti.
Infine – almeno stando a quello che possiamo anticipare fino a questo momento, su una norma che ha già attraversato diverse repentine modifiche – l’ultima importante novità prevista dalla riforma dei medici di base partirà dalla loro istruzione: l’idea è quella di superare il modello dei tre anni di formazione gestiti dalle regioni per creare una vera e propria scuola di specializzazione port-laurea (identica a quelle che già oggi esistono) in modo da garantire un percorso altamente qualificato con borse di studio che lo rendano interessante alle nuove leve, oggi costrette ad accontentarsi di 11.500 euro annuali rispetto ai 26mila incassati dagli specializzandi.