La riforma del catasto è stata contemplata all’interno della legge delega che il 14 giugno comincerà l’iter parlamentare prima alla camera e poi al senato entro il 20 giugno fino alla sua approvazione che la rimetterà nelle mani del Parlamento. Attualmente però il governo si sta portando avanti e hai intenzione di attuare una strategia di contrasto all’abuso edilizio mediante una operazione di rilevazione delle case fantasma.
Riforma del catasto: l’abusivismo edilizio
Per poterlo fare ha deciso di effettuare controlli a tappeto anche grazie all’ausilio delle autorità locali.
Si tratta di un’operazione di rilevamento di tutti gli edifici non censiti al catasto e denominati appunto case fantasma. Sono unità immobiliari non dichiarate, ed una buona parte di questi immobili è stata già accatastata nell’ultimo decennio mediante i operazioni di condono edilizio. Tuttavia le ultime casistiche indicano la presenza di 1,2 milioni di immobili fantasma sul territorio nazionale. Si tratta di un mancato introito annuale di circa 2 milioni di euro.
Già è avvenuto negli scorsi anni che i controlli statali si sono dispiegati sul territorio nazionale grazie all’utilizzo di alcuni droni utili a censire edifici non registrati. Questi hanno poi operato un confronto con le mappe catastali scoprendo l’esistenza di due milioni di particelle non dichiarate, di cui 1,2 milioni erano unità immobiliari.
Riforma del catasto: la collaborazione con le autorità locali
Non si tratta solo di mancato introito, ma anche di abusivismo edilizio e spesso violazione dei vincoli paesaggistici. Naturalmente il governo si servirà anche delle autorità locali che riceveranno degli incentivi per effettuare questi accertamenti.
La nuova riforma del catasto non seguirà l’andamento dei prezzi di mercato, come si prevedeva all’inizio, ma consentirà una riforma amministrativa in grado di rilevare gli immobili fantasma. Gli immobili rilevati dal catasto inoltre verranno affidati all’archivio dell’osservatorio del mercato immobiliare.
Gli immobili abusivi incidono per il 6,1% al nord, il 17,8% al centro e il 45,6% nel mezzogiorno.
Inoltre molto spesso a questi mobili si attribuisce un valore di mercato non coerente con la reale situazione.