In questi giorni il dibattito politico è incentrato sull’interpretazione da dare alle raccomandazioni che l’Europa ha indirizzato all’Italia. La politica cerca di dargli un colore in modo da poterle monetizzare nei sondaggi in attesa della competizione elettorale. In quest’ottica diventa interessante capire cosa chiede Bruxelles al nostra Paese.



Si tratta principalmente di tre cose: perseguire una politica di bilancio che consegua posizioni di bilancio prudenti (traduzione: basta debito o almeno che sia sano), ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e diversificare le importazioni di energia (solo rinnovabili e, dunque, una dolorosa dura e pura transizione energetica o è auspicata la riapertura di altri dossier?) e da ultimo che si dia attuazione alle riforme. 



Quest’ultimo aspetto di per sé sarebbe assorbente. Una nuova architettura del sistema Italia, infatti, determinerà la crescita della nostra economia. Partendo dal principio si rinviene che la raccomandazione chiede una riforma tributaria che persegua la riduzione delle tasse sul lavoro, una revisione delle aliquote marginali effettive e l’allineamento dei valori catastali ai valori correnti di mercato. Il dibattito politico è concentrato su quest’ultimo aspetto tanto da far divenire secondario un altro suggerimento contenuto nella raccomandazione ovvero che si proceda all’attuazione del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza, in linea con le tappe e gli obiettivi decisi (?).



Come sempre accade in questi casi, di fronte a una maggioranza eterogenea perché portatrice di interessi di parte (della propria parte) diventa difficile attribuire le ragioni e i torti. Andando più a fondo nella lettura della raccomandazione salta agli occhi uno dei termini maggiormente usati ovvero grant a voler sottolineare che la comunicazione politica in ordine ai fondi Pnrr è stata mal veicolata. 

Se non è chiaro viene sottolineato che i fondi del Pnrr vanno in larga parte restituiti. Partendo da qui ne consegue che la vera preoccupazione dell’Europa è garantirsi che i fondi del Pnrr vengano spesi bene in modo cioè da garantire la crescita. Solo la crescita potrà garantire il pagamento (restituzione) del nuovo debito pubblico e il pagamento di quello pregresso. È proprio la crescita che dovrebbe stare a cuore all’Italia che a partire dall’avvio della pandemia ha scoperto di non sapere produrre mascherine sanitarie, vaccini e con la guerra in Ucraina ha scoperto di essere dipendente per intero dall’estero per quanto attiene all’energia, sia in termini di approvvigionamento che di capacità produttiva, fortemente legata al gas russo. 

In questo contesto a dir poco complesso, la Commissione europea, al pari di ogni buon finanziatore, si preoccupa di come gli verranno restituite le somme prestate. La raccomandazione, quindi, serve a gettare le basi affinché vengano restituite le somme ricevute tramite il Pnrr e soprattutto che si incida in maniera significativa sul debito pubblico. 

A inizio della pandemia più di qualche partner europeo auspicava per l’Italia una patrimoniale monstre del 14% sulla ricchezza privata, (pari a 9.900 miliardi, sommando conti correnti, risparmi e immobili), che secondo i calcoli potrebbe ridurre il debito pubblico fino al 60% del Pil. Se questi sono gli antefatti potrebbe argomentarsi che la rivisitazione degli estimi catastali per vederli avvicinati ai valori di mercato è un modo per garantirsi in futuro, in mancanza di una crescita sostenuta, una base imponibile che incida periodicamente come avviene oggi per l’Imu a sostegno del rimborso e/o a regime anche sulle imposte sui trasferimenti. Così facendo la patrimoniale una tantum verrebbe attenuata nella misura e tutto si sposterebbe sul mattone. 

A tale ultimo proposito è in agenda una riscrittura dei bonus edilizi ritenuti in alcuni casi fuori controllo per le finanze pubbliche. Le azioni immaginate dal Governo sono un intervento a posteriori che rischia di innescare una crisi del sistema imprenditoriale cha aveva fatto affidamento su uno strumento meritorio che ha subito degli abusi non adeguatamente previsti. Il settore edilizio nel Paese è sicuramente trainante e gli italiani hanno sempre dimostrato di essere sensibili al mattone. La soluzione potrebbe essere il superamento del superbonus al 110% in favore di una riproposizione del Piano casa da meditare prima di essere annunciato?

In conclusione, quindi, la raccomandazione informa gli italiani e per essi il Governo che le misure adottate e quelle in corso di adozione non sono ritenute in grado di affrontare la nuova crisi innescata dal conflitto russo-ucraino. La crisi energetica cui andiamo incontro produrrà una crescita che non sarà in grado di migliorare i nostri conti e da ciò ne consegue che un debito fuori controllo e non presidiato dalla crescita rischia di dover essere fronteggiato solo con entrate straordinarie. 

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