Come sappiamo la riforma fiscale nel 2022, con la presentazione delle linee programmatiche del documento di economia e finanza lo scorso 7 aprile ha introdotto anche una potenziale riforma del catasto.
Riforma fiscale 2022: l’aumento della cedolare secca
In realtà questo elemento non è l’unico introdotto, parallelamente infatti alla tassazione sugli immobili c’è anche la tassazione dei redditi da impiego del capitale.
Probabilmente verranno utilizzate le aliquote della cedolare secca, attualmente al 21% per i contratti di locazione a canone libero e al 10% per quelli a canone concordato, il cosiddetto equo canone. Come fa notare Il Corriere, i contratti a canone libero potrebbero aumentare al 26% dal 21% attuale, così da equiparare queste rendite al capital gain.
Se venisse introdotta questa misura, oltre a destabilizzare i proprietari, improvvisamente investiti di un 5% in più in tasse, potrebbe immediatamente riflettersi anche sui canoni di locazione. Infatti rispetto ad altre tipologie contrattuali La cedolare secca comprende addizionali, imposta di registro di bollo e IRPEF. Tuttavia impedisce al proprietario di adeguare il canone all’aumento del costo della vita. Con l’arrivo dell’inflazione questo imposta potrebbe non più essere adeguata.
Riforma fiscale 2022: un esempio di aumento di tasse
Il regime ordinario di tassazione infatti prevedeva la detrazione di ulteriori spese, quindi supponendo che un soggetto debba pagare i €3000 l’anno di tasse per canoni di locazione e al contempo avrebbe €3000 di spese queste si annullerebbero per sottrazione, così da azzerarsi.
Per questo motivo molti proprietari, non potendo detrarre nulla dalla cedolare secca, potrebbero preferire la tassazione ordinaria così da compensare entrate ed uscite.
Il corriere ha provato anche a verificare cosa potrebbe accadere con l’aumento dell’inflazione: dal momento che nelle quattro maggiori città italiane Milano, Roma, Napoli e Firenze, già si sta assistendo ad un incremento dei prezzi per i canoni di locazione nei centri storici. L’aumento potrebbe esserci anche perchè: un contribuente che abbia redditi per €10000, oltre ai canoni di locazione, dovrebbe preferire il regime ordinario così da compensare le spese. Il secondo contribuente con redditi entro €36000 oltre ai canoni di locazione con la cedolare secca al 21%, benché adeguata al 26% per il 2023 e al 2% per i 7 anni successivi, conserverebbe ancora un vantaggio ovviamente entro i limiti di incremento dell’inflazione. Se infatti l’inflazione dovesse aumentare più di quanto è previsto per l’anno 2022, anche in questo caso si preferirebbe il regime ordinario.
Naturalmente se la gran parte dei proprietari avesse un reddito basso e decidesse così di compensarlo attraverso un regime ordinario, si aprirebbe la strada all’adeguamento dei canoni di locazione che finirebbero per ricadere sugli affittuari, già gravati da numerosi aumenti. Tutto ciò renderebbe nullo l’impegno programmatico del governo ad “evitare l’aumento delle tasse per tutti i contribuenti”, così come indicato all’interno del def.