La Camera ha dato il via alla discussione sulla riforma fiscale con il voto favorevole della maggioranza e di parte dell’opposizione. Quest’ultimo può essere un segnale di attenzione alla riforma che è destinata a incidere sulla società che si vorrà per il futuro. L’aspetto interessante di questo ennesimo tentativo sta nel metodo che si sta provando a mettere in campo ovvero la decisione di organizzare sin da subito i tavoli tecnici che dovranno varare i decreti attuativi. Questo è un aspetto rilevante, perché il varo di quest’ultimi è l’atto che renderà concreta la riforma e, dunque, farà sì che la stessa o i singoli provvedimenti non rimangano sulla carta una volta approvati.



La discussione sulla riforma avrà un convitato ingombrante ovvero la mancanza di risorse che in maniera pesante condizionerà le scelte del Governo sui tempi di introduzione e sulle misure da adottare. La prima vittima della mancanza di risorse è la flat tax ncrementale per tutti, che nei testi a oggi disponibili verrà introdotta in maniera limitata. Per quanto riguarda i redditi da lavoro dipendente, sarà limitata agli straordinari oltre una certa soglia, alle tredicesime e ai premi di produttività, mentre per il lavoro autonomo sarà limitata agli incrementi di reddito fino a 40 mila euro e solo per il 2023.



Per il lavoro autonomo altra novità sarà l’introduzione della rateizzazione degli acconti di novembre che si potranno versare in un arco temporale più ampio. L’intervento aiuterà le finanze dei lavoratori autonomi che tuttavia non beneficeranno di alcuna riduzione di imposta. Il paletto in questo caso rimangono le esigenze di cassa dello Stato.

In tema di reddito di impresa la novità più significativa è l’introduzione della mini Ires che dovrebbe tradursi in una riduzione del prelievo fiscale sulle imprese che effettuano investimenti qualificati, aumentano le assunzioni o che varino piani di incentivazione o partecipazione agli utili dei dipendenti. L’attuazione dovrebbe basarsi su di un meccanismo che punta a “maggiorare” la deducibilità di taluni costi specificatamente individuati (beni ammortizzabili, costo del lavoro, ecc.). La previsione secondo cui per accedere all’Ires ridotta non bisogna distribuire utili appare una penalizzazione posto che il dividendo è l’unica forma di remunerazione dell’imprenditore ed è comunque tassata per cui subordinare l’agevolazione alla non distribuzione non pare una scelta equa. In questo ambito è auspicabile una revisione degli incentivi 4.0. Il provvedimento allo stato non realizza una piena conflittualità tra gli attori e rischia di diventare un boomerang al momento dei controlli.



È previsto l’addio all’Irap che dovrà attuarsi, vedremo come, introducendo una sovraimposta da calcolare con le regole dell’Ires escludendo il riporto delle perdite. L’obiettivo dovrà garantire alle Regioni lo stesso gettito di quello attuale vista la finalità dell’imposta destinata a finanziare la sanità.

Non sarà facile riformare la filiera dei controlli-riscossione-contenzioso-sanzioni. Nelle intenzioni del Governo gli interventi annunciati non si propongono di abbassare la guardia sull’evasione e si vuole agire sui meccanismi di determinazione delle sanzioni che in molti casi sono sproporzionate. Per quanto riguarda, invece, l’aspetto dei controlli, l’idea è introdurre un cambio di prospettiva. La riforma si propone di introdurre il concordato preventivo per autonomi e piccole-medie e imprese e punta ad allargare la cooperative compliance per le grandi imprese.

Un tema delicato resta lo stato attuale della riscossione che viene da tutti considerata insostenibile. Il magazzino dei crediti non riscossi a fine 2022 è salito a 1.153,4 miliardi di euro e lo stesso è cresciuto per più del 25% negli ultimi cinque anni. Questo ultimo dato, l’incremento recente, conferma che le sanatorie non hanno avuto effetti significativi rendendo evidente che si tratta di crediti inesigibili che continuano a rappresentare un costo di gestione per la collettività praticamente a fondo perduto.

Non rientra nella riforma il tema di dare risposta ai cittadini, alle imprese e ai professionisti “vittime” del blocco dei crediti maturati in occasione delle ristrutturazioni edilizie e senza possibilità di cessione. Il tema è complesso perché non riguarda sempre e solo il legittimo affidamento da più parte invocato da chi è rimasto con il cerino in mano. Purtuttavia il Governo sta provando a trovare una soluzione avendo presente che vanno tutelati anche tutti gli altri interessi in campo perché non si alteri il mercato.

Non vi sono ancora accenni alle semplificazioni che possono rappresentare il vero capitolo in cui si possono ottenere risparmi per i contribuenti ed efficienza per la macchina amministrativa. Ancora inesplorato è il tema della minimum tax globale che in Italia dovrà essere applicata dal 2024.

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