La riforma fiscale 2023 approvata giovedì dal Consiglio dei ministri è per il governo Meloni l’occasione per riportare un ordine complessivo al sistema. Ne parla il viceministro dell’Economia Maurizio Leo al Sole 24 Ore, precisando che l’obiettivo è “abbassare la pressione fiscale sul lavoro e sull’impresa”, oltre che “semplificare quella sulle rendite finanziarie”. La riforma è a tutto campo: alcune idee sono state riprese fedelmente dalla delega tentata dal governo Draghi, altre sono più precise, altre ancora spariscono, come la riforma del Catasto. Invece, l’Irpef continua a concentrare le sue attenzioni. “È un meccanismo che deve essere rivisitato perché abbiamo accanto alle aliquote progressive tutta una serie di altri meccanismi che fuoriescono dalla progressività”. Il riferimento di Leo è ai redditi di natura finanziaria, dove c’è una cedolare secca del 26%, mentre per quelli immobiliari è del 20% e scende nel caso di canone concordato.
Di fatto, il sistema è del tutto ridisegnato. “Ma lo vogliamo fare gradualmente”. E gradualmente si vuole arrivare ad un meccanismo flat. “Ma lo si farà entro la fine della legislatura, assicurando sempre e comunque il rispetto del principio della progressività fissato dall’articolo 53 della Costituzione, che si può realizzare anche con aliquote flat agendo sulle detrazioni”. La prima tappa è portare dal 2024 l’Irpef a tre aliquote. “Al tempo stesso va orientata verso l’equità orizzontale, nel senso che tutti devono pagare nello stesso modo”. Un primo step è l’allineamento della No Tax Area dei dipendenti agli 8.500 euro già previsti per i pensionati.
RIFORMA FISCALE, L’OPERA DI RIPULITURA DEL GOVERNO
In riferimento al riordino delle tax expenditures, il viceministro dell’Economia Maurizio Leo al Sole 24 Ore precisa che bisognerà fare degli interventi attenti. Questo è il caso degli interessi sui mutui, delle spese sanitarie e dell’istruzione. “Devono essere salvaguardate, soprattutto per le fasce più deboli”. Nel sistema attuale ci sono detrazioni, crediti d’imposta e deduzioni. Soprattutto in queste ultime ci sono però “scorie anacronistiche, legate per esempio a canoni, livelli, censi e tante altre eredità del secolo scorso”. Quindi, l’idea è di togliere qualcosa. Ma si sta anche riflettendo su sistemi che tengano conto della situazione del contribuente. Dunque, c’è una pletora di oneri deducibili “che non sempre hanno ancora ragione d’essere”. L’idea è di procedere in questo caso con una “opera di ripulitura”. Ma tutto ciò non è comunque sufficiente a produrre risparmi che servono a tagliare l’Irpef. “Oltre alla selezione degli sconti da mantenere, stiamo valutando di calibrarne l’utilizzo sulle diverse fasce di scaglioni, assicurandone di più a chi ha redditi più bassi e di meno a chi ha redditi più alti”. Ci sono poi i crediti d’imposta: anche in questo caso si procederà con una potatura. “L’insieme di queste azioni può portare le risorse che servono almeno a contribuire alla riduzione delle aliquote”. Per quanto riguarda le imprese, con l’introduzione della Global Minimum Tax si può far scendere l’aliquota Ires sotto al 24%, “finalizzando la riduzione all’occupazione, in particolare di fasce deboli, ultracinquantenni ed ex percettori del reddito di cittadinanza, e investimenti nei beni strumentali più innovativi, nel filone del 4.0 e della ricerca e sviluppo”.
SEMPLIFICAZIONI: AGEVOLAZIONI, RIORDINO ALIQUOTE…
In fatto di semplificazioni, il governo Meloni intende riordinare la disciplina sugli interessi passivi. L’idea è di adottare meccanismi che già esistono all’estero, come in Germania, e che consentono di dedurre tutti gli interessi passivi entro un tetto di 3 milioni di euro. Bisogna poi affrontare la questione del meccanismo di riporto delle perdite che è a macchia di leopardo. Tra le agevolazioni da sfoltire c’è anche l’Ace, che può essere sostituito dall’incentivo dell’Ires agevolata per spingere anche gli investimenti. Il viceministro dell’Economia Maurizio Leo al Sole 24 Ore spiega anche che si reintrodurrà l’Iri, l’imposta sul reddito dell’imprenditore, che può essere tassato con aliquota al 24%. Se però c’è la distribuzione o il prelievo, allora scatta la tassazione progressiva come per le società di capitali. Altro nodo è l’Iva, in particolare il riordino delle aliquote che saranno tre da subito. Quella al 4% è intoccabile per ragioni comunitarie, le altre possono essere riviste “anche per rimediare a situazioni diventate ormai irrazionali”. L’aliquota zero potrebbe essere applicata a prodotti per l’infanzia e ad alcuni beni di prima necessità. “Bisogna ovviamente trovare le risorse, ma abbiamo già avviato un cammino di questo tipo con l’ultima manovra”, precisa Leo, che tra gli obiettivi cruciali cita anche l’accelerazione dei rimborsi. Il grande assente della riforma fiscale è il Catasto: l’aggiornamento non è una priorità per il governo visto che ce ne sono altri all’estero più datati. È sulle rendite finanziarie che ci sarà invece “una rivoluzione copernicana”. Verrà cancellata, infatti, la dicotomia tra redditi di capitale e redditi diversi di natura finanziaria. Confluiranno in un’unica categoria e sarà prevista la compensazione tra redditi da capital gain e minusvalenze.
IL VICEMINISTRO SU SANZIONI ED EVASIONE
A far discutere molto è stato il capitolo sanzioni, per il quale sono partite le accuse di condono mascherato. “Volevamo adeguare la normativa alla cosiddetta tregua fiscale, che prevede pagamenti dilazionati”, spiega Maurizio Leo al Sole 24 Ore. Ma ricorda anche che c’è la questione dell’infedele dichiarazione. “Le sanzioni penali devono rimanere per le frodi, le omesse dichiarazioni e in generale per i reati più gravi”. C’è poi quella che il viceministro dell’Economia definisce una “evasione di necessità”, che riguarda il contribuente che ha esposto tutto in dichiarazione ma poi non ha potuto pagare. “È giusto applicare le sanzioni amministrative ma non a quelle penali. Anche in campo amministrativo però ci sono delle sproporzioni, perché noi andiamo dal 120% al 240% mentre negli altri Paesi Ue non si supera il 60%”. A proposito di evasione, pur riconoscendo il lavoro svolto dall’Agenzia delle Entrate per recuperarla, bisogna migliorare le metodologie di accertamento per scoprire le sacche di evasione. Bisogna partire dalla divisione delle imprese in due gruppi: quelle minori per le quali introdurre il concordato preventivo biennale, quelle più grandi per le quali strutturare il Tax control Framework, la mappatura dei rischi fiscali. Ma vanno anche ridotti i tempi di accertamento. Si possono evitare molti controlli “grazie alle azioni preventive e garantendo una maggiore certezza del diritto”. Bisogna partire con i Testi unici, a cui sta già lavorando Ernesto Maria Ruffini dell’Agenzia delle Entrate, e modificando le regole degli interpelli. Di sicuro, lo scopo del governo è alleggerire il carico fiscale, soprattutto su lavoro e imprese.