A inizio settimana il Governo ha varato tre Testi unici in materia fiscale. Nello specifico per quel che riguarda le sanzioni (con una loro sensibile diminuzione visto che precedentemente si arrivava anche al 200% dell’importo dovuto, mentre ora il livello massimo sarà pari al 70%), i tributi erariali e la giustizia tributaria. Per il viceministro dell’Economia Maurizio Leo, “si tratta di una svolta per il nostro sistema fiscale”. E, come ci spiega Nicola Rossi, Professore di Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata, «questi Testi unici non fanno altro che tradurre in pratica l’impostazione contenuta nella riforma fiscale, dove c’è, sotto diversi punti di vista, una svolta, in particolare per quanto riguarda il rapporto tra contribuente e fisco: che sia innovativa rispetto al recente passato mi sembra ormai accertato».



Questa innovazione nel rapporto tra contribuente e fisco dove la si vede? Banalmente nel fatto che le sanzioni sono più leggere di prima?

Il caso delle sanzioni è abbastanza emblematico. In Italia erano a un livello superiore a quello di altri Paesi europei, generando un solo effetto: rendere sostanzialmente impossibile onorare il debito tributario.



In che modo?

Una persona con un debito tributario non riuscirà a ripagarlo se questo viene caricato di eccessive sanzioni. Alla fine non si farà altro che trascinare all’infinito la situazione debitoria del contribuente, come si è visto nell’enorme ammontare del magazzino della Riscossione, arrivato a oltre 1.200 miliardi alla fine dello scorso anno. Questo è abbastanza emblematico della maniera con cui è stato finora inteso il fisco: in termini esclusivamente morali, per così dire, e quindi punitivi, laddove non c’è motivo che così sia.

Nei giorni scorsi è anche emerso che le entrate fiscali hanno finora superato di quasi 25 miliardi le previsioni iniziali di bilancio di quest’anno. A cos’è dovuto questo extra-gettito?



Ci sono stati miglioramenti importanti negli ultimi tempi. Negli anni scorsi, quello più rilevante è stato certamente l’introduzione della fatturazione elettronica. In tempi più recenti, un atteggiamento diverso del fisco, che segnala al contribuente una sua inadempienza, lo sollecita a onorare il debito fiscale, prima ancora di assumere nei suoi confronti provvedimenti punitivi, può avere aiutato non poco a fare crescere il gettito. Insieme, ovviamente, all’atteggiamento dei contribuente stesso.

Dai conti economici trimestrali dell’Istat è emerso che la pressione fiscale è aumentata dello 0,8% nei primi tre mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2023. È solo frutto dell’aumento delle entrate superiore alle attese?

È senza dubbio frutto anche di questo. Francamente, però, credo sia meglio non guardare al dato di un singolo trimestre per evincere l’impostazione della politica fiscale, anche perché gli andamenti delle entrate fiscali e del Pil hanno una loro stagionalità. Credo, quindi, sia meglio aspettare i dati complessivi del 2024 per poter dare una valutazione compiuta.

Intanto queste entrate aggiuntive potrebbero anche consentire di avere qualche margine in più per introdurre nella Legge di bilancio provvedimenti relativi proprio al fisco.

Certamente, ma non mi farei troppe illusioni. Qualche miliardo in più può certamente aiutare a dare un po’ più di respiro, ma che la nostra politica di bilancio sia destinata per i prossimi anni ad avere un’impostazione molto prudente e disciplinata credo che dovremmo tutti darlo per scontato, in maniera anche da non avanzare, come fanno alcune parti politiche, pretese che non possono visibilmente trovare accoglimento.

Per quanto tempo si dovrà mantenere questa impostazione prudente?

Sicuramente per i prossimi due-tre anni. Dopodiché diventerà cruciale la capacità del Pnrr di mantenere le sue promesse. Se ci riuscirà, ci sarà spazio per una politica fiscale un po’ meno ossessionata dalle scadenze di carattere finanziario. Diversamente, un problema lo avremo.

Occorre, dunque, fare in modo che il Pnrr venga interamente attuato nei tempi previsti?

Parlando delle promesse del Pnrr non mi riferivo alla sua attuazione, ma alle sue premesse logiche, cioè al fatto che le riforme o tutti gli investimenti pubblici necessariamente si tradurranno in una maggiore crescita potenziale. Si tratta di assunti che per il momento prendiamo per buoni, e speriamo lo siano, ma sui quali credo che esista un significativo margine di dubbio.

Per concludere, rispetto al percorso complessivo della riforma fiscale ritiene che siamo a buon punto?

Credo che si stia facendo tutto ciò che non richiede risorse. C’è una parte della riforma fiscale, che è importante, che invece le richiede e per realizzarla bisognerà aspettare e capire come le risorse necessarie possano effettivamente concretizzarsi. Ho l’impressione che fonti di copertura ci siano, perché c’è ancora un serbatoio significativo per quanto riguarda le spese fiscali da cui poter attingere con pazienza, per far sì che la riforma venga completata entro la legislatura. Anche in questo caso è bene non farsi illusioni: le riforme fiscali, soprattutto se sono impegnative come questa, hanno bisogno che si formino le fonti di copertura per poter prendere effettivamente forma compiuta.

Per il Governo c’è, quindi, il rischio che gli effetti benefici per i cittadini si vedano solo dopo la fine della legislatura?

Questo dipende molto dal momento in cui effettivamente alcune decisioni relative alla riforma fiscale vengono assunte. Penso che il Governo abbia davanti a sé ancora un paio d’anni in cui può operare tranquillamente per rendere concreta la volontà già espressa di raggiungere l’obiettivo di una riduzione della pressione fiscale.

(Lorenzo Torrisi)

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