Nessuna sorpresa alla Camera: l’aula ha approvato il disegno di legge delega di riforma del processo penale
. Il testo Cartabia ha raccolto 396 voti favorevoli, 57 contrari e tre astenuti: adesso la riforma passa all’esame del Senato. Come anticipato, il Centrodestra di governo si è compattato con FdI, ma non sono mancati i momenti di tensione all’interno della maggioranza, con lo scontro fisico sfiorato tra Liberi e Uguali e Italia Viva.
Intervenuto ai microfoni dei cronisti, il dem Walter Verini ha spiegato: «Una riforma di grande importanza, con processi di durata certa, con più garanzia per gli imputati e più giustizia per le vittima, l’Italia diventa più civile e più europea. Il Pd ha lavorato per questo obiettivo di grande valore». (Aggiornamento)
RIFORMA GIUSTIZIA, LA DIRETTA DEL VOTO ALLA CAMERA
È iniziato dopo le ore 20.45 il voto finale sulla riforma della giustizia: «Ministra Cartabia, finalmente solo grazie alla sua perseveranza e del premier si chiude l’era del fine processo mai. Un innocente cosa se ne fa di un’assoluzione dopo 20 anni? Ma anche di una condanna. Oggi ha posto fine limite all’arbitrarietà di Stato», è la dichiarazione di voto lanciata da Enrico Costa per “Azione” che ha scatenato una lunga bagarre tra i vari partiti dopo la già lunga fase sugli ordini del giorno. Maggioranza spaccata sugli eco-reati, con l’ordine del giorno che non passa per soli 5 voti ma che trova diversi deputati M5s e Pd che votano assieme alla proposta della verde Rossella Muroni.
Durissimo Andrea Coletti di Alternativa C’è (ex M5s): «Questa riforma è la sconfitta del Movimento Cinquestelle che sta votando a favore della cancellazione della sua legge manifesto. Ieri il presidente Fico ha ricordato la Strage di Bologna. Se fosse entrata in vigore allora questa legge, queste indagini non si sarebbe mai potute riaprire come quelle sulla trattativa Stato Mafia. Con che faccia riuscite a votare sì? Si domanda. Per non parlare del nuovo istituto dell’ improcedibilità. Invece di accelerare processi, li eliminate tutti. Vi esorto a non sentire sirene della stabilità: è la stabilità delle loro poltrone. Non siate complici dell’impunità di Stato». Scontro accesissimo tra Itala Viva e LeU in merito ai referendum sulla giustizia, con il renziano Giachetti che accusa la sinistra di non voler accettare una sana riforma sulla responsabilità civile dei magistrati. Maggioranza tutt’altro che compatta, anche se alla fine la riforma Cartabia non dovrebbe trovare forte opposizione prima del passaggio al Senato, previsto per questa sera dopo il voto finale a Montecitorio.
STASERA IL VOTO FINALE SULLA RIFORMA
462 Si, 55 No e 1 astenuto
al primo voto, 458 Sì, 46 No e 1 astenuto al secondo e ultimo voto di fiducia alla Camera: nella notte la maggioranza di Governo si è ricompattata in quasi tutti i suoi effettivi, mandando all’ultimo miglio la riforma della Giustizia che ora attende solo il voto finale di questa sera. La seduta fiume in nottata è ripartita in mattinata dopo le ore 9, con il previsto esame sui voti degli ordini del giorno che potrebbe durare l’intera giornata: in serata è invece previsto il voto finale e l’invio al Senato del testo Cartabia ‘blindato”. Si ricompatta quasi tutta la maggioranza, ad eccezione di 13 deputati M5s che assenti non hanno espresso parere favorevole (e neanche contrario) alla riforma.
Secondo l’Agenzia ANSA si tratta di Vittorio Ferraresi (ex sottosegretario alla Giustizia), insieme ai colleghi D’Arrando, Iorio, Mammì, Parentela, Segneri, Buompane, Federico, Frusone, Lorenzoni Gabriele, Misiti, Pignatone e Vianello. Percentuale più alta di presenze in votazione il Pd con l’89,5%, 87,42% in casa M5s. «Il governo Draghi, nato con il contributo decisivo di Forza Italia, oggi consente di ripristinare principi cardine della nostra civiltà giuridica quale quello della ragionevole durata dei processi, abbandonando definitivamente l’irricevibile ‘fine processo mai”. […] Questa riforma supera e azzera le norme introdotte dai governi Conte», ha spiegato alla Camera il deputato di Forza Italia Pietro Pittalis. Critiche invece dalle opposizioni, su tutti Ciro Maschio di FdI: «Ci ha deluso molto constatare l’assenza del ministro Cartabia, è stata una mancanza di rispetto nei confronti del Parlamento che non ci aspettavamo dall’ex Presidente della Corte costituzionale. […] Il nostro è un no perché questa riforma é un’occasione sprecata, un pasticcio giuridico, uno svuotacarceri mascherato, in cui viene minata l’obbligatorietà dell’azione penale, la certezza della pena».
OK IL PRIMO VOTO DI FIDUCIA
La riforma della giustizia ottiene il sì della Camera dei deputati alla prima fiducia con 462 sì. Il primo articolo del decreto targato Marta Cartabia che riforma il processo penale ha ricevuto anche 55 voti contrari e un astensione. Adesso è in corso il secondo voto di fiducia sulla riforma. Il decreto andrà poi in Senato. I deputati hanno votato un testo diviso in due parti: una delega al governo, che prevede l’emanazione da parte dell’esecutivo di una serie di decreti legislativi, e alcune norme che una volta approvate entrano in vigore immediatamente.
In Aula, i deputati ex Movimento 5 Stelle del partito Alternativa c’è hanno inscenato una nuova protesta al termine dell’intervento di Francesco Forciniti alzando contro il provvedimento alcuni cartelli, subito fatti rimuovere dal presidente di turno, Ettore Rosato. Il partito di governo con più malumori sulla riforma erano i 5 Stelle, ma poi è stato trovato un accordo con Mario Draghi per il sì dopo una lunga trattativa. Giuseppe Conte, leader in pectore del Movimento aveva detto: “Andrà tutto bene. Arriviamo al voto con la coscienza pulita e abbiamo fatto tutto il possibile per migliorare questi interventi in termini di giustizia in un impianto complessivo costruito con il ministro Bonafede, crediamo di aver aggiunto dei miglioramenti”. (aggiornamento di Andrea Murgia)
RIFORMA GIUSTIZIA: DA OGGI IL VOTO FIDUCIA
Inizia oggi l’iter del voto di fiducia per la riforma Cartabia sui tempi della giustizia penale, con la diretta (anche video streaming su YouTube) dalla Camera dei Deputati che comincerà nella notte: ieri sera il Ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà ha confermato la questione di fiducia posta dal Governo sulla riforma “emendata” dell’originario testo Bonafede, giunti al culmine di settimane di liti e discussioni specie sull’asse M5s-Guardasigilli.
Non sono mancati momenti di tensione a Montecitorio proprio durante la lettura della formula di rito sulla fiducia, con i deputati di Fratelli d’Italia e Alternativa C’è (ex M5s) in ‘assedio’ ai banchi del Governo per contestare la mancanza di discussione in Aula sulla riforma Cartabia approvata il 29 luglio scorso in Consiglio dei Ministri. «Con lo strumento del voto di fiducia, il governo occupa gli spazi democratici del Parlamento e noi, pacificamente, occupiamo, simbolicamente, gli spazi fisici del governo. Chiediamo solo la centralità del Parlamento, quello che è previsto in Costituzione», attacca Andrea Colletti, leader di “Alternativa c’è”, conscio però che lo spazio per modificare il testo “blindato” è praticamente inesistente.
LO SCONTRO IN PARLAMENTO
I tempi stretti imposti dai piani del PNRR e gli altri temi in agenda per il Governo hanno portato Draghi e Cartabia all’estrema sintesi tra le varie richieste dei partiti. Su tutti, il Movimento 5 Stelle del leader in pectore Giuseppe Conte ha tentato di ridurre l’impianto del testo Cartabia specie sul fronte prescrizione e improcedibilità. Dalla minaccia di astensione fino addirittura al voto contrario sulla fiducia, i Ministri grillini hanno dettato la linea nella prima parte delle trattative, salvo poi giungere a mediazione (grazie al Ministro Di Maio e alla mediazione del Ministro leghista Giorgetti) su un testo che ha convinto tutti i partiti di maggioranza nell’ultimo CdM. «Voteremo la fiducia sulla riforma della giustizia», ha spiegato oggi a “La Stampa” Giuseppe Conte, mentre nelle stesse ore si vota sulla piattaforma SkyVote il nuovo Statuto M5s, prima tappa verso l’elezione dello stesso ex Premier a nuovo leader del Movimento. In merito alla priorità dell’azione penale vincolata al Parlamento, ha ammesso Conte che «quella norma a noi non è piaciuta affatto ma abbiamo ottenuto il suo depotenziamento»; da qui la promessa ai cittadini che, «se alle prossime elezioni politiche daranno ampia fiducia al Movimento col loro voto», il leader 5Stelle si farà «garante di ulteriori interventi migliorativi».
COME CAMBIA LA RIFORMA CARTABIA
Appuntamento ora con il voto di fiducia alla Camera, con tempi strettissimi per arrivare poi al Senato nei prossimi giorni: la convocazione avverrà alle 20.45 questa sera, con prima chiama di voto verso le 22.30 e conclusione attorno alle 2.30. Nottate di passione a Montecitorio che non finirà però l’iter della fiducia: domani mattina ordini del giorno e relative dichiarazioni di voto. E infine l’ultimo passaggio, con il voto finale di approvazione del testo: a quel punto la riforma Cartabia sulla giustizia passerà al Senato, mentre alla Camera si passerà subito sulla Riforma PA del Ministro Brunetta, anche qui con tempi molto stretti per rispettare il planning del Recovery Plan italiano.
In “pillole”, ecco quanto è stato deciso nell’ultimo Consiglio dei Ministri con l’approvazione del testo finale della riforma della giustizia penale (qui invece il testo del primo accordo maturato l’8 luglio 2021):
– per i primi 3 anni di applicazione della riforma, la durata del processo d’Appello si estende per un ulteriore anno e quella del processo per Cassazione di ulteriori 6 mesi
– per i reati di associazione mafiosa, scambio politico mafioso, associazione finalizzata allo spaccio, violenza sessuale e reati con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico, «i giudici di Appello e di Cassazione possano con ordinanza, motivata e ricorribile in Cassazione, disporre l’ulteriore proroga del periodo processuale in presenza di alcune condizioni riguardanti la complessità del processo, il numero delle parti e delle imputazioni o per la complessità delle questioni di fatto e di diritto. Per i reati aggravati di cui all’articolo 416 bis, primo comma, la proroga può essere disposta per non oltre due anni».