Dopo un tira e molla durato mesi, una mediazione continua anche nelle ultime ore e uno scontro preventivo sulla prescrizione, il Consiglio dei Ministri in serata ha approvato all’unanimità gli emendamenti governativi al disegno di legge recante “Delega al Governo per l’efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le corti d’appello”. In poche parole, la riforma della giustizia penale incardinata dalla Ministra Cartabia è stata approvata e giungerà alla Camera il prossimo 23 luglio, “emendando” la precedente legge Bonafede: per tale risultato, la mediazione tanto dalla Guardasigilli quanto del Premier Mario Draghi è stata fondamentale per non far saltare il banco dopo la “minaccia” della frangia dei “contiani” nel M5s, disposti a non votare la riforma perché non convinti dalle differenze sulla prescrizione rispetto alla norma Bonafede.
I ministri grillini, racconta l’ANSA da fonti di Governo, sono giunti a Palazzo Chigi con la linea dell’astensione «per l’impossibilità a comporre la profonda frattura interna al Movimento. Ma Draghi li riunisce nel suo ufficio e cerca una soluzione, che faccia marciare il governo compatto su un dossier qualificante». Durante il CdM lo stesso Presidente del Consiglio ha poi preso parola chiedendo profonda lealtà all’intero Governo: ha chiesto che l’intero Cdm sostenesse “convintamente” la riforma Cartabia, e intolre che il testo venga poi sostenuto con lealtà anche in Parlamento. Sul banco c’è l’impegno fissato nel PNRR di cambiare i tempi della giustizia penale e civile in Italia, a cui sono condizionati i primi soldi del Recovery Fund.
COME CAMBIA LA PRESCRIZIONE
Ma per capire come si è arrivati alla fine alla sintesi nel lungo e tribolato CdM di giovedì sera, occorre vedere l’impianto della riforma penale sul nodo principale della discordia tra M5s e altri partiti: la Ministra della Giustizia ha proposto di bloccare definitivamente la prescrizione dopo la sentenza di primo grado, che si tratti di assolti o condannati (come volevano i grillini), ma introducendo il criterio dell’improcedibilità. In sintesi, viene fissato uno schema di tempistiche da rispettare nei processi penali, pena il blocco definitivo del processo stesso (ma non del reato):
– processo d’Appello: deve durare massimo 2 anni, 3 anni per i reati gravi
– processo Cassazione: durata massimo di 1 anno, 2 per i reati gravi
Per i reati imprescrittibili – come quelli punibili con l’ergastolo – non sarebbero posti limiti alla durata dei processi: a sbloccare però la trattativa è stata la concessione fatta dal Governo alle richieste dei Ministri M5s sulla distinzione tra alcuni reati contro la Pubblica Amministrazione. I tempi processuali vengono allungati per quanto riguarda i reati come la corruzione e la concussione: oltre ai tempi già stabiliti dalla riforma della giustizia penale approvata ieri, la proroga è di un anno in appello e di sei mesi in Cassazione.
RIFORMA GIUSTIZIA PENALE: TUTTE LE ALTRE NOVITÀ
Ecco invece qui di seguiti tutti gli altri punti principali presenti nella maxi riforma della giustizia penale approvata in CdM dopo la presentazione degli emendamenti della Ministra Cartabia (frutto del lavoro della Commissione Lattanzi, ndr). I provvedimenti (qui riassunti in pillole grazie alla bozza in mano all’agenzia ANSA), sono ovviamente suscettibili di cambiamenti dopo il passaggio in Aula e le votazioni finali in Parlamento.
APPELLABILITÀ: possibilità del pubblico ministero e dell’imputato di presentare appello contro le sentenze di condanna e proscioglimento. L’inammissibilità dell’appello avviene invece per “aspecificità dei motivi.
CRITERI DI PRIORITÀ: «Gli uffici del pubblico ministero, per garantire l’efficace e uniforme esercizio dell’azione penale, nell’ambito di criteri generali indicati con legge dal Parlamento, dovranno individuare priorità trasparenti e predeterminate, da indicare nei progetti organizzativi delle Procure e da sottoporre all’approvazione del Consiglio Superiore della Magistratura».
PATTEGGIAMENTO: quando la pena detentiva da applicare supera i due anni (il patteggiamento allargato), «l’accordo tra imputato e pubblico ministero si può estendere alle pene accessorie e alla loro durata, oppure alla confisca facoltativa e alla determinazione del suo oggetto e ammontare».
DURATA INDAGINI PRELIMINARI: il pm può chiedere il rinvio a giudizio dell’indagato solo quando gli elementi acquisiti consentono una “ragionevole previsione di condanna”. Si rimodulano i termini di durata massima delle indagini rispetto alla gravità del reato.
CASSAZIONE E CORTE CEDU: ci sarà nuovo mezzo di impugnazione straordinario davanti alla Cassazione, per dare esecuzione alle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo.
PENE SOSTITUTIVE: le pene sostitutive come detenzione domiciliare, semilibertà, lavoro di pubblica utilità e pena pecuniaria – attualmente di competenza del Tribunale di sorveglianza – «saranno direttamente irrogabili dal giudice entro il limite di quattro anni di pena inflitta». E’ invece esclusa la sospensione condizionale.
TENUITÀ DEL FATTO: «per evitare processi per reati minimi, si delega il Governo a estendere l’ambito di applicazione della causa di non punibilità a quei reati puniti con pena non superiore a due anni».