La riforma dell’ordinamento giudiziario è uno degli snodi più delicati delle politiche della giustizia di questo autunno. Lo schema di decreto è stato approvato in via definitiva dalla commissione ministeriale istituita dal Guardasigilli Carlo Nordio, ma il testo presenta alcuni punti chiave problematici. Questo è, ad esempio, il caso del fascicolo personale del magistrato, tra i punti più contestati dall’Anm. Da un lato c’è l’intenzione di rendere le verifiche di professionalità meno burocratiche e più aderenti alla realtà, per capire tenuta e tempestività dei provvedimenti del magistrato. Dall’altro c’è il rischio, come evidenziato dal Sole 24 Ore, di mettere la magistratura sotto tutela, «incoraggiando il conformismo interpretativo». La commissione ha proposto una soluzione mediana dove il rigetto delle richieste o la riforma e l’annullamento delle decisioni del magistrato rappresentano indice di grave anomalia, «ove assumano, anche in rapporto agli esiti delle decisioni e delle richieste adottate dai magistrati appartenenti al medesimo ufficio, carattere di marcata preponderanza e di frequenza rispetto al complesso degli affari definiti dal magistrato».



Quindi, il concetto di grave anomalia viene ancorato «ad un dato sostanzialmente statistico-comparativo». Invece, si è escluso, in nome dell’autonomia e dell’indipendenza del magistrato, ma anche per la necessaria prevedibilità delle decisioni, che rappresenti una grave anomalia la riforma del provvedimento o il rigetto della richiesta «determinata dalla decisione del magistrato motivata in difformità dal consolidato orientamento giurisprudenziale, che pure abbia dimostrato di conoscere e col quale si sia confrontato». In questo modo, si valorizza la colpevole ignoranza degli orientamenti espressi, ma si garantisce ai magistrati la possibilità di coltivare orientamenti diversi da quelli già espressi, ma sostenuti da adeguata motivazione che dia conto delle ragioni del dissenso rispetto.



RIFORMA GIUSTIZIA, COSA CAMBIA PER INCARICHI

Per quanto riguarda incarichi di vertice, direttivi e semidirettivi, la bozza del decreto prevede che i magistrati non possano avere pendenti contemporaneamente più di due domande per il conferimento di un incarico direttivo e due per quello semidirettivo, anche se queste ultime sono relative allo stesso ufficio giudiziario. Il Sole 24 Ore precisa che di norma va rispettato l’ordine cronologico, ma fanno eccezione i vertici della Cassazione e situazioni locali di particolare criticità per importanti vuoti in organico. L’esame in commissione non può durare più di 4 mesi.



Sono sempre previste le audizioni dei candidati, ma, se sono più di cinque, ad essere sentiti saranno solo tre, individuati dalla stessa commissione incarichi del Consiglio superiore della magistratura. Per l’attribuzione degli incarichi direttivi, il Csm deve tener conto del parere del Consiglio dell’Ordine degli avvocati competente per territorio e degli eventuali pareri espressi. Perde peso l’anzianità tra i criteri, a favore della necessità del riequilibrio di genere. Per la commissione è importante la riduzione del numero dei magistrati fuori ruolo, si passa infatti dagli attuali 234 ai futuri 180.

ANM: “RIFORME CONTRO LA COSTITUZIONE”

Il comitato centrale dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), invece, ha approvato un documento di dura contestazione di tutti i disegni di legge in discussione alla Camera, ritenendo che l’obiettivo sia solo uno: azzerare l’autonomia e indipendenza della magistratura e assoggettarla al potere politico. Per l’Anm, il disegno complessivo della riforma solo all’apparenza garantisce il principio costituzionale della terzietà del giudice, «in realtà propone di cambiare la composizione di entrambi i Consigli Superiori della Magistratura, sia giudicante che requirente, aumentando i membri di nomina politica sino alla metà; di consentire la scelta per sorteggio dei componenti togati; di vietare ai consigli superiori della magistratura di aprire pratiche a tutela dell’indipendenza dei singoli magistrati e di esprimere pareri sulle riforme in tema di giustizia; di abolire l’articolo 107, terzo comma, della Costituzione, secondo cui i magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni; di ridurre il principio di obbligatorietà dell’azione penale, limitandolo ai soli casi e modi previsti dalla legge».

L’Anm, come riportato dal Sole 24 Ore, definisce poi paradossale il divieto per i pm di diventare giudici, accompagnato però dall’estensione della possibilità di nominare direttamente come giudici di ogni grado gli avvocati, senza passare da pubblico concorso. Per l’Anm, quindi, la separazione delle carriere è strumentale: «Difendere una parte privata nel processo costituisce forse maggiore garanzia di imparzialità che perseguire interessi pubblici?». Per quanto concerne il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, con le modifiche previste, aggiunge l’Anm, la politica «indicherà i reati da perseguire e quelli da accantonare ed attrarrà nel suo ambito di influenza l’ufficio del pubblico ministero, il quale fatalmente dovrà soggiacere ai successivi controlli sull’effettiva osservanza delle disposizioni impartite dalla maggioranza politica di turno». Negativo anche il parere riguardo la sottrazione alla magistratura della maggioranza del Csm e il ritorno del sorteggio per individuare i consiglieri togati.