Si terrà domani il vertice forse decisivo tra la Ministra della Giustizia Marta Cartabia e i rappresentanti parlamentari del Movimento 5 Stelle per discutere dell’imminente riforma sulla prescrizione. All’interno dell’ampio progetto di riforma della giustizia avanzato da Cartabia e Draghi – e inserito nel PNRR del Recovery Plan – l’ex Premier e futuro leader 5Stelle Giuseppe Conte ha richiesto e ottenuto per i ‘suoi’ capigruppo al Senato e Camera (Ettore Licheri e Davide Crippa) un vertice con la Guardasigilli per discutere della relazione presentata ieri dal presidente emerito della Consulta Giorgio Lattanzi, alla guida della Commissione individuata dalla stessa Cartabia per presentare le proposte sul nodo prescrizione.



Per usare un eufemismo, al Movimento non è piaciuta affatto né la proposta Lattanzi né tantomeno le altre proposte avanzate dalla Ministra specie sullo stop all’Appello per le Procure nella riforma del processo penale. Se la prossima settimana la titolare della Giustizia vedrà di persona tutti i capigruppo della Commissione Giustizia, il vertice di domani con i 5Stelle servirà a tracciare un tentativo di accordo/compromesso per non far saltare il banco sull’intera riforma (il Quirinale sa bene che i voti in Parlamento dei grillini contano e non poco, ndr).



GIUSTIZIA E PRESCRIZIONE, LA PROPOSTA LATTANZI

Con la riforma mai approvata dell’ex Ministro Alfonso Bonafede, il M5s porta avanti da anni la battaglia dello stop alla prescrizione dopo la sentenza di primo grado, esattamente il punto contestato dalla Commissione Lattanzi che ha redatto una breve ma significativa relazione proprio ieri (qui tutte le novità e il testo della proposta). «La riforma Bonafede non va bene perchè espone l’imputato al rischio di un processo di durata irragionevole nei giudizi di impugnazione», questo è il presupposto lanciato da Lattanzi, stimato e ascoltato dalla Ministra Cartabia. A riprova dello scontro in atto al Governo tra “giustizialisti” e “garantisti”, l’Unione delle Camere Penali si è espressa a favore della riforma Cartabia-Lattanzi sulla prescrizione bocciando invece i “lodi” grillini «superamento della logica giustizialista e pupulista che caratterizza il progetto Bonafede». Due in sostanza le ipotesi formulate dalla commissione di esperti guidata dal presidente emerito della Consulta, entrambe deducibili dal concetto ribadito da Lattanzi «non si può essere imputati a vita»:



– dopo sentenza di primo grado di condanna e dopo sentenza di appello di conferma, la prescrizione rimane sospesa per 2 anni (nel primo caso) e per 1 nel secondo. Se durante il periodo di sospensione non interviene la decisione sull’impugnazione, allora la prescrizione riprende il suo corso e il «periodo di sospensione è computato ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere»

– riforma più radicale: la prescrizione del reato non può verificarsi dopo l’inizio del processo, ma se esso non si esaurisce entro 4 anni per primo grado, 3 anni per l’appello e 2 anni per il giufizio di legittimità allora scatterebbe l’improcedibilità dell’azione. In sostanza, il processo penale non può durare più di 9 anni (11 nei casi di processi su reati punibili da ergastolo o criminalità organizzata). Se si va oltre, previsti compensi di risarcimento ben più ingenti rispetto alla legge Pinto